Él, di Luis Buñuel

Dalla novella Pensamientos di Mercedes Pinto, è stato uno dei più clamorosi insuccessi del regista. Oggi è stato rivalutato e rimane un modello di cinema eretico e sovversivo. Da oggi in sala

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“Francisco è un paranoico e i paranoici sono come i poeti. Nascono tali.” Luis Buñuel

 

La sindrome di Otello associata al feticismo del piede. Luis Buñuel nel 1953 rappresenta una doppia perversione che si annida all’interno di un uomo apparentemente normale. Dietro la psicopatologia della vita quotidiana si nasconde una feroce critica ad un sistema che tende a proteggere i vizi privati di eminenti figure pubbliche. Francisco (Arturo de Córdova) è un nobile proprietario terriero messicano dal comportamento irreprensibile: pratica la castità, fa parte dei cavalieri del Santo Sacramento ed è impegnato in un’aspra battaglia legale per rivendicare i diritti sulle proprie terre. Durante le celebrazioni del Giovedì Santo, mentre è in corso la lavanda dei piedi, è attratto violentemente dalle scarpe di Gloria (Delia Garcès) una giovane donna fidanzata con l’ingegnere Raoul (Luis Beristàin). Riuscirà a strapparla al rivale e sposarla, ma il matrimonio rivelerà il suo lato mostruoso. Tra tutti i film del periodo messicano El è quello che è influenzato maggiormente da connotazioni autobiografiche: basta leggere cosa scrive la moglie di Buñuel, Jeanne Rucar, nel libro Memorie di una donna senza pianoforte (1993). Certe personalità sociopatiche tendono a imporsi sull’altro, rendendolo un oggetto di proprio possesso, nella ferma convinzione di essere portatori di verità e giustizia.

Il delirio di gelosia di Francisco inizia come sindrome paranoica, passa attraverso ideazioni deliranti fino ad arrivare ad allucinazioni visive. L’irreprensibile Francisco, così turbato dal bacio di un prete al piede di un bambino, nasconde un lato oscuro che diventa sempre più invalidante perché avallato dalle autorità religiose e familiari. Sin dalla prima notte di nozze Francisco manifesta continui dubbi sulla fedeltà di Gloria. Prima l’accusa di pensare all’ex fidanzato Raoul, poi la comparsa di un amico argentino, che arriva a dimorare nella stanza d’albergo accanto a quella della coppia di neo-sposi, lo spinge a infilare uno spillone nella serratura per ferire gli occhi del sospetto voyeur. L’escalation di violenza paranoica ha il suo culmine nella scena in cima al campanile: qui Francisco esprime odio verso tutti gli esseri umani che vorrebbe schiacciare come vermi (la citazione è dell’Harry Lime de Il terzo uomo di Carol Reed) e tenta di buttare giù la consorte colpevole di un inesistente tradimento. Qualche anno dopo nel 1958, Alfred Hitchcock riproporrà una scena simile nel suo capolavoro Vertigo riprendendo da Él alcuni aspetti di pedinamento e di parafilie di James Stewart.

Il primo incontro in chiesa con le note della Toccata e fuga di Bach è caratterizzato da uno scambio di sguardi eloquente: Gloria è comunque attratta da un uomo che sembra trasmetterle solidità e sicurezza. Ma una volta sposata, Gloria diventa un pezzo di terra, una proprietà inviolabile: la scena di Francisco che sbatte un palo ossessivamente contro la ringhiera della scalinata con un ritmo tribale (richiamando i tamburi di Calanda del Venerdì Santo) risulta fortemente inquietante. L’arretratezza e il maschilismo della società del tempo portano a giustificare il comportamento maniacale di Francisco: quando Gloria cercherà riparo parlando alla madre Esperanza (Aurora Walker) e al prete Velasco (Carlos Martinez Baena) delle violenze del consorte (le spara con una pistola a salve, cerca con ago e filo di ricucirne la vagina), troverà solo un muro di omertà che parte dalla convinzione che il comportamento femminile (un ballo troppo ravvicinato, una confidenza in più con l’amico Raoul) possa giustificare la reazione di un marito insicuro.

Qualche studioso di psicoanalisi ha identificato in questa figura paranoica un caso esemplare di omosessualità repressa; Francisco nega la propria pulsione omoerotica e il vero oggetto del desiderio viene sostituito da simulacri sui quali convogliare la propria psicosi: la sua confessione al maggiordomo in camera da letto e la impotenza sessuale potrebbero confermare questa tesi. La scena dell’irruzione in chiesa per uccidere gli amanti traditori fatta da tanti jump cuts in cui fedeli e prete irridono Francisco è esemplificativa di uno stato alterato mentale completamente sganciato dalla realtà. Le architetture sinuose stile Gaudì della dimora di Francisco mostrano tutta la confusione di una vita interiore devastata da regole e punizioni, comandamenti e sacramenti.

Scritto con Luis Alcoriza basandosi sulla novella del 1929 Pensamientos di Mercedes Pinto, preso a esempio da Jacques Lacan come caso clinico di sindrome paranoica, Él è stato uno dei più clamorosi insuccessi di Luis Buñuel. Dopo molto tempo il film è stato rivalutato e ne è stata riconosciuta la portata innovativa: rivisto dopo 70 anni rimane un modello di cinema eretico e sovversivo. Quella camminata a zig zag nel finale del monaco Francisco (proprio in questa scena interpretato dallo stesso Bunuel), rinchiuso da 10 anni in un monastero, rivela che la follia è sempre pronta a scoppiare da un momento all’altro. Basta una società complice e consenziente.

 

Titolo originale: id.
Regia: Luis Buñuel
Interpreti: Arturo de Córdova, Delia Garcés, Aurora Walker, Carlos Martínez Baena, Manuel Dondé, Rafael Banquell, Fernando Casanova, Luis Beristáin
Distribuzione: Cineteca di Bologna
Durata: 92′
Origine: Messico, 1953

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
3.67 (3 voti)
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