El ladrón de perros (Ladro di cani), di Vinko Tomičić Salinas
Seconda opera del regista cileno che offre uno sguardo realistico in superficie ma ricco di metafore e valori simbolici in profondità.
Martin: I sogni si realizzano?
Novoa: Alle volte sì.
El ladrón de perros (Ladro di cani) èil secondo film del cileno Vinko Tomičić Salinas, già presentato al Tribeca Film Festival a New York e al Giffoni Film Festival. Con i ‘sciuscià’ boliviani che lustrano scarpe indossando dei passamontagna per nascondere la propria identità e la povertà di una città come La Paz il giovane regista di Santiago del Cile richiama involontariamente il Neorealismo italiano, che oggi in Italia sembra così lontano, ma in Bolivia può essere del tutto attuale, e in parte anche le tematiche del Cinema Novo brasiliano, sensibile alla crisi dell’identità del singolo e alla frantumazione dei valori individuali.
Preso in giro dai compagni di scuola, Martin, un ragazzino di 13 anni, si guadagna da vivere facendo il lustrascarpe nelle strade di La Paz. Un giorno, Martin progetta di rubare il pastore tedesco del signor Novoa, un suo cliente che crede possa essere suo padre, poiché la madre aveva lavorato in passato nella sua sartoria. Martin propone di aiutare Novoa a ritrovare il cane, approfittando dell’opportunità per trascorrere del tempo con lui.
El ladrón de perros non racconta soltanto la storia di un ragazzino orfano che spera di ritrovare il padre, ma racconta la storia di una città dove chiedere aiuto agli altri sembra difficile. Martin infatti non riceve aiuto da nessuno (a esclusione di Gladys, un’amica della madre che aiuta il ragazzo nella vita di tutti i giorni ma cui purtroppo viene dato poco spazio e rimane ai margini della sceneggiatura) e non ha altra soluzione, alla fine, che rubare il cane per avere l’attenzione di Novoa. Da parte del regista c’è una volontà di schieramento politico-culturale nel mostrare la città di La Paz come povera e incomunicabile. In una delle scene iniziali vediamo Martin ripreso in campo lungo con uno zoom-out che lo mostra sempre più piccolo in mezzo alla gente, poi lo ritroviamo a trascorrere i pomeriggi negli sfasciacarrozze, sdraiato a prendere il sole sui resti delle automobili.
Un film realistico in superficie ma ricco di metafore e valori simbolici in profondità, che colpisce non tanto perchè riesce a trasportare, senza mediazioni, una visione reale sullo schermo, quanto perchè mette in azione una complessa operazione linguistica che riesce a dare forma alla vicenda, attingendo non solo al cinema neorealista di Ladri di biciclette e Sciuscià o al Cinema Novo brasiliano, ma anche a film di più recente successo dove si percepisce forte la volontà di andare verso la conquista di un’identità e più vicini alla cultura sud-americana come Central do Brasil (1998) di Walter Salles o City of God (2002) di Fernando Meirelles e Kátia Lund.
Come Vinicio de Oliveira e Alexandre Rodrigues nei film sopra citati, anche Franklin Aro Huasco, al suo esordio in El ladrón de perros, offre una recitazione realistica e cruda. La sua interpretazione sottrae per riempire il vuoto che attanaglia il suo personaggio, il quale, però, non perde mai la speranza e continua a sognare, arrivando al punto di chiedere a Novoa, in una scena del film, se i sogni si realizzano.
Il secondo film di Vinko Tomičić Salinas è dunque uno sguardo umanista e liberale capace di indagare le reazioni di un giovane alle prese non solo con una società invisibile, ma anche con la fortuna e il destino. Il finale amaro risponde alla domanda sui sogni che alle volte si realizzano, altre volte purtroppo no. E non rimane che continuare a sognare.
Titolo originale: El ladrón de perros
Regia: Vinko Tomičić Salinas
Interpreti: Franklin Aro Huasco, Alfredo Castro, Teresa Ruiz, María Luque,
Julio César Altamirano, Ninón Dávalos
Distribuzione: Movimento Film, Kio Film
Durata: 90′
Origine: Bolivia, Cile, Messico, Francia, Ecuador, Italia, 2024