"Eliminate Smoochy" di Danny De Vito

Rendere forte un eroe con un gruppo di fuorilegge non è funzionale a una narrazione “fiabesca” del reale soprattutto per i ragazzi a meno che non si voglia lavorare sull'ironia e sul grottesco, canali riservati a un pubblico più adulto e disponibile a giocare col testo

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Spesso – soprattutto con l'ultimo cinema americano – capita di dire: "Strano film, questo". E la ragione sembra essere sempre la stessa: c'è qualcosa, nella macchina-cinema-industria statunitense che mostra il segno, che funziona male, che perde i colpi proprio nel momento in cui tende i muscoli e, tronfia, finisce col convincersi che le formule, quelle narrative e tecnico-registiche, abbiano sempre la meglio sul pubblico e che, quindi, funzionano. Danny De Vito ci ha abituato alle sue cattiverie, a film nei quali può, evidentemente, mettere in gioco tutta la sua visione perversa nei confronti del genere umano (La guerra dei Roses non lascia scampo). Qui se la vede con un ricorrente topos cinematografico: la definizione dei parametri che rendono cattiva la televisione e la azzerano – soprattutto se, a farne le spese, sono piccoli teleutenti, quelli che seguono terribili cartoni animati e programmi infarciti di pubblicità mostruose.

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Insomma: questo sembra un film morale con storia edificante e finale prevedibile – incentrato com'è a seguire le mitologie del televisivo per l'infanzia. Il buono assoluto, difensore dei diritti dei più piccini, che si scaglia contro il supercriminale, capace di obbligare i bambini a bere orribili bevande gassate e mostruosi dolcetti al cioccolato. Il problema è che, data l'impostazione della storia e la sua successione narrativa con accadimenti talvolta truculenti ed estremi, non è ben chiaro a chi, tale prodotto, sia diretto. Certo non ai più giovani, visto che il racconto tende a opporre buoni a meno buoni (l'eroe, infatti, è sostenuto e aiutato da una banda di camorristi irlandesi): e questo è una riprovevole caduta nel buonismo, seppure di secondo livello. E' veramente immorale parlare "bene" di un corpo che incancrenisce la società rendendola incivile: non esistono camorristi dal volto umano. Neanche per un attimo è possibile accettare una visione positiva della criminalità organizzata. Neppure quando la si vuole sbeffeggiare – e, questo, è per noi, un dettame fondamentale, al quale non possiamo venir meno: per questo diviene necessario prendere le distanze da qualunque testo che ne mitologizzi la presenza. Troppo oscena, troppo furiosa, la realtà nella quale siamo immersi.


Diciamo pure che il nostro dente è avvelenato da una condizione che mette sotto i piedi metà del territorio nazionale…


Fatto sta che rendere forte un eroe grazie ad un gruppo di fuorilegge non è funzionale ad una narrazione "fiabesca" del reale soprattutto per i nostri ragazzi a meno che non si voglia lavorare sull'ironia e sul grottesco, canali riservati ad un pubblico più adulto e disponibile a giocare col testo. Solo che, anche in questo caso, latita l'originalità necessaria a rendere una favola interessante, utile a far sì che il racconto diventi spiazzante o coinvolgente o quello che volete.


Per il resto ci stupisce la bravura degli attori e gongoliamo nell'ammirare lo stravolgimento (parziale) vissuto da Robin Williams che, per buona parte del film, perde i panni dell'essere perfetto al quale ci aveva abituati fino ad oggi (marito generoso o professore all'avanguardia, militare geniale o medico felice) per offrirci qualche performance davvero sublime dell'essere cattivo (e qui il film funziona a meraviglia). Poi, però, tutto torna al suo posto e anche Robbins finisce col fare l'angioletto sui titoli di coda – avremmo preferito che restasse lo sporcaccione fumato e alcolizzato con qualche particolare problemino anche per quel che riguarda la sfera sessuale. Allora lì il film torna ad essere un testo zuccheroso per giovanissimi e noi che avremmo preferito una dissacrante ironia sul mondo del televisivo (soprattutto su quello legato alle trasmissioni per bambini), giusto per provare il gusto d'indicarla ai nostri governanti come possibile sguardo più profondo sul reale, ci ritroviamo a dover fare i conti con un mondo che facilmente diventa perfetto, facilmente si salva. Ci ritroviamo, ancora, con una favola inutile che nulla aggiunge alla comprensione del falso mondo nel quale viviamo.


 


Titolo originale: Death to Smoochy
Regia: Danny De Vito
Sceneggiatura: Adam Resnick
Fotografia: Anastas N. Michos
Montaggio: Jon Poll
Musica: David Newman
Scenografia: Howard Cummings
Costumi: Jane Ruhm
Interpreti: Edward Norton (Sheldon Mopes/Smoochy il Rinoceronte), Robin Williams ('Rainbow' Randolph Smiley), Catherine Keener (Nora Wells), Danny De Vito (Burke Bennett), Jon Stewart (Marion Frank Stokes), Pam Ferris (Tommy Cotter), Harvey Fierstein (Merv Green), Michael Rispoli (Lawrence 'Spinner' Dunn), Vincent Schiavelli (Buggy Ding-Dong), Danny Woodburn (Angelo Pike)
Produzione: Andrew Lazar, Peter MacGregor-Scott per FilmFour/MadChance/Senator Film Production/Warner Bros.
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 109'
Origine: Stati Uniti/Gran Bretagna/Germania, 2002


 


 

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