Emily Ratajkowski e il token della redistribuzione degli utili

La modella ed attrice, dopo la polemica con l’artista Richard Prince che aveva utilizzato una sua foto Instagram senza consenso, lancia un NFT volto a rivendicare l’utilizzo della sua immagine

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Il mercato dei non-fungible tokens, nonostante sia a più riprese tacciato di essere una bolla finanziaria, continua ad attirare l’interesse delle più grandi personalità massmediali. E quando a fare il proprio ingresso nel variegato mondo di questo settore basato sulle criptovalute è un nome del calibro dell’influencer Emily Ratajkowski si aprono scenari di sviluppo ancora più vertiginosi. Non solo perché ad essere scambiata potrebbe essere l’immagine di uno dei più corpi più visibili sul web – il che rilancia con ancor più forza il paradosso della stessa esistenza di un marchio di proprietà privato su un oggetto pubblico infinitamente replicabile – ma soprattutto per la significativa storia che sta a monte della sua scelta. Che è intessuta inevitabilmente di una primaria componente speculativa dato che, come rivela la stessa Emrata in un’intervista, già a marzo, dopo la vendita dell’NFT “Everydays: the First 5000 Days” dell’artista Beeple da 69,3 milioni di dollari da Christie’s, tanti agenti di mercato avevano incoraggiato i loro clienti famosi a partecipare a questa nuova caccia all’oro digitale. Ma che, allo stesso tempo, sposta ancora più in la il limine tra identità, controllo della propria immagine e lotta per la parità di genere. Il 14 maggio la supermodella metterà infatti all’asta da Christie’s il non-fungible token di “Buying Myself Back: A Model for Redistribution“. L’immagine allegata la riprende mentre, fotografata nel suo appartamento di New York, è in posa davanti ad una gigantografia di sé stessa appesa nella sua casa. Dietro a quella che a prima vista appare una manifestazione debordante di egolatria si nasconde però una storia molto più interessante, i cui inizi sono stati sviscerati da lei stessa in un chiacchierato articolo apparso sulla rivista The Cut. La foto di sfondo all’NFT fa parte infatti della serie “New Portraits” del controverso artista Richard Prince, il cui lavoro è stato definito dal critico d’arte Jerry Saltz con invidiabile sintesi “trolling geniale”. In questo contestata opera del 2014 Prince si era infatti limitato a fare uno screenshot di una delle foto di Emrata su Instagram a cui aveva aggiunto come marchio distintivo un suo commento simil-poetico, l’aveva stampata su grande tela e l’aveva esposta alla Gagosian Gallery su Madison Avenue per essere acquistata.

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Emily Ratajkowski era venuta a conoscenza di questa mostra e colpita da questa foto, celebre per essere stata la sua prima apparizione nel numero di costumi da bagno di Sports Illustrated, aveva pensato di comprarla. Ma con enorme sorpresa scoprì di essere arrivata tardi dato che l’opera era già stata acquistata da un’altra persona per ben 90.000 dollari. A quei tempi la modella era agli inizi della sua carriera e come scrive lei stessa, le era sembrato “strano che un artista stravagante e di grande valore che valesse molti più soldi di me potesse strappare uno dei miei post su Instagram e venderlo come suo“. Il ragazzo con cui stava al tempo però si intestardisce e cerca di averne una seconda copia per loro: “Sono stato lusingata dal suo desiderio di possedere il dipinto, ma non ho sentito la stessa voglia di averlo come ha fatto lui. Mi sembrava strano che io o lui dovessimo ricomprare una mia foto, specialmente una che avevo pubblicato su Instagram, che fino a quel momento mi era sembrato l’unico posto in cui potevo controllare come mi presentavo al mondo, un tempio della mia autonomia. Se avessi voluto vedere quella foto ogni giorno, avrei dovuto semplicemente guardare la mia cronologia“.
La perdita del controllo sulla propria immagine fa precipitare la celebrità in una crisi esistenziale, tanto da farle condividere questo pensiero: “Rebecca Solnit ha scritto di recente sul messaggio che arriva con il revenge porn: Pensavi di essere una mente ma sei un corpo, pensavi di poter avere una vita pubblica ma la tua vita privata è qui per sabotarla, pensavi di avere potere ed invece ti distruggono“. La vendita dell’NFT che la ritrae davanti l’opera di Prince vuole allora in un certo qual modo risarcirla del danno corrispostole ed allo stesso tempo essere un monito per tutte le altre modelle e celebrities affinché possano lottare per evitare abusi di questo tipo.

La lettera indirizzata da Ratajkowski alla rivista The Cut rivela anche un’altra vicenda personale che nella sua paradossalità contribuisce ad ingarbugliare il filo di un discorso su quale soggetto (fisico o giuridico) nel capitalismo delle piattaforme possieda il copyright di sé stesso. Un giorno Emrata riceve infatti una notifica di Google Alert che le segnala un articolo in cui si diceva che era stata citata in giudizio: “questa volta per aver pubblicato una mia foto su Instagram che era stata scattata da un paparazzo. Il giorno dopo ho appreso dalla mia avvocatessa che, nonostante fossi il soggetto involontario della fotografia, non potevo controllare cosa fosse successo. Lei mi ha spiegato che il procuratore dietro la causa aveva archiviato altri casi come questi, così tanti che il tribunale l’aveva etichettato come “il troll del copyright”. “- Vogliono 150.000 dollari di risarcimento per il tuo ‘uso’ dell’immagine”, mi disse lei, sospirando pesantemente“. Sintetizzando, la modella era stata portata in tribunale per aver pubblicato su Instagram una fotografia che la ritraeva, scattata da un paparazzo che però non le aveva dato l’autorizzazione per farlo. La domanda che sorge a questo punto è però questa: mettere un token sulla propria immagine è davvero l’unico “modello per la redistribuzione” degli utili, per citare il nome dell’NFT di Emrata che sarà lanciato a breve? O siamo di fronte più semplicemente alla brandidazzione del sé digitale? Avanguardia o retroguardia che sia, il futuro sembra già non poter fare a meno dei non-fungible tokens.

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