Escape Room, di Adam Robitel

Sei sconosciuti si ritrovano a partecipare all’escape room più famosa in città, invogliati da un ricco montepremi per i vincitori. Le stanze però si riveleranno essere meno innocue del previsto

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Sei sconosciuti si ritrovano misteriosamente a giocare ad una delle escape room più famose della città dopo aver ricevuto a casa un invito custodito da uno strano cubo nero che in qualche modo tutti sono riusciti ad aprire.

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Parte dall’incontro di questi sei personaggi l’ultimo film di Adam Robitel basato su uno dei fenomeni ludici più virali degli ultimi anni, quello delle stanze da cui dover uscire in un limite prestabilito di tempo, divertimento che inizialmente era relegato ai soli smanettoni da consolle e che invece col tempo è diventato vera e propria tendenza planetaria, con circa 8000 ambientazioni diverse sorte in tutto il mondo.

Ma stavolta di giocare vale davvero la pena. Troppo ghiotto il montepremi. Talmente irripetibile l’occasione che si può persino sopportare l’idea di passare del tempo con storie di vita diverse anni luce dalle proprie. Di fare fronte comune andando oltre le diversità per superare le prove del gioco, soprattutto quando iniziano a rivelarsi talmente spietate da far rischiare la pelle ai partecipanti.

Escape Room è uno di quei film che mettono in crisi la collaudata divisione dei generi cinematografici impostata ai tempi delle prime major hollywoodiane. Se lo si considera come film horror Escape Room pecca di una debolezza anche abbastanza grave: non incute abbastanza paura, nonostante Robitel si sia cimentato essenzialmente con il cinema dell’orrore da Paranormal Activity – Dimensione fantasma (come co-sceneggiatore) a Insidious – L’ultima causa. 
Sì certo, c’è quel nemmeno tanto piccolo dettaglio per cui se non riesci ad uscire dalla stanza potresti morire, ma la sceneggiatura non è costruita in maniera che ci sia un’

Escape Roomaffezione forte nei confronti dei personaggi/giocatori. Se quindi quel voyeurismo da immagine truculenta manca totalmente, le prospettive si capovolgono se si ragiona sull’estetica delle location in cui si “gioca”.

Ed è anche per questo che Escape Room funziona di più se inteso come film thriller. Le ambientazioni sono pensate in maniera accattivante, gli indizi funzionali a marcare il tema portante di ogni stanza (ghiaccio/fuoco, fobie/malattie…), ed anche i livelli di pathos della storia sono sempre mantenuti oltre l’asticella, nonostante la risoluzione degli enigmi non sempre brilli per potere di coinvolgimento.
In definitiva, se il pubblico di riferimento è da setacciare tra gli habitué di escape room il film può dirsi ampiamente riuscito, ed i 53 milioni di dollari già incassati (a fronte dei 9 spesi) sembrano essere già una buona dimostrazione di questa tesi. Escape Room rimane un prodotto di cassetta ben prodotto e dalla confezione cool, la cui lungimiranza più riuscita è di certo quella di alludere che Little Boxes di Malvina Reynolds possa essere un manifesto di questa nuova generazione del complottismo 2.0… 

 

Titolo: id
Regia: Adam Robitel
Interpreti: Deborah Ann Woll, Tyler Labine, Taylor Russel, Logan Miller, Nik Dodani, Jay Ellis.
Distribuzione: Sony Pictures/ Warner Bros
Durata: 99′
Origine: USA, 2019

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