Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon A Time, di Hideaki Anno

Il terzo epilogo di Evangelion è l’ultimo, potente ed elegiaco commiato con cui Anno saluta la saga che lo ha reso un’icona. Niente più fatalismo nineties. Resta solo lo spazio per una catarsi immensa

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Scrivere la parola fine sulla saga di Evangelion, probabilmente, non è mai stato così difficile per Anno come in questo caso. A motivi puramente anagrafici, oltre che ad una certa refrattarietà del regista a confrontarsi (definitivamente) con la conclusione di traiettorie che ne hanno cadenzato la vita creativa, è necessario affiancare quella duplice finalità in seno alle origini produttive del film stesso: ovvero terminare i percorsi narrativi dei 3 precedenti rebuild/remake, e insieme soddisfare le esigenze spettatoriali di un pubblico/fanbase che da 25 anni aspetta di assistere alla terza conclusione di una (macro)storia apparentemente infinita. Un compito di cui Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time si fa carico sia nell’ontologia che nella struttura (mito)poietica, ponendosi come sintesi ideale della serie originale, e del visionario film del ’97 che ne ha riscritto l’epilogo.

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Ma nel definire la terza versione del racconto che ha mitizzato la figura di Hideaki Anno nel mondo dell’animazione nipponica, il film si prende dei rischi, partendo da (e quindi canonizzando) quelle deviazioni narrative che hanno incontrato le remore di alcuni puristi, e che hanno assunto concretezza diegetica nel terzo capitolo della saga cinematografica. Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time inizia allora dove era terminato il precedente film: Kaworu, amico gemellare di Shinji nonché ultimo degli angeli arrivati sulla terra, è morto. Ad Ikari Gendō – padre assente del giovane protagonista – non resta che concludere il “piano per il perfezionamento del genere umano”, ovverosia il progetto che estirperà gli uomini delle loro anime, portandole verso un’unica (e comunitaria) dimensione iperuranica. Ma al folle disegno di salvazione/distruzione di massa si oppone strenuamente la Wunder, l’armata dei ribelli comandata da Misato, che ripone ancora in Shinji e nel suo Eva 01 (un esoscheletro robotico) le ultime speranze di salvezza collettiva, anche a dispetto delle fragilità esistenziali del ragazzo.

E in un contesto immaginariamente tripartito, in cui il film rinegozia tra l’interiorità animista della serie e l’efferatezza nichilista di The End, Anno sceglie di percorrere le uniche due strade possibili, le sole vie che possano rendere idealmente giustizia ai personaggi, alle estetiche e alle tematiche originarie, senza per questo snaturare l’esito finale della/e storia/e: farsi cioè intermediario sintetico delle configurazioni finalistiche di ambedue gli epiloghi, e insieme risolvere emotivamente il rapporto padre/figlio alla base dei racconti. In tal senso, il piano per il perfezionamento dell’uomo ha naturalmente luogo in tutte e tre le versioni, ma in termini propriamente diversi. Come è noto, la serie si conclude sulle note di un collettivismo idealizzato, in cui la delegazione della propria individualità ad una comunitarietà animistica è raccontata da un punto di vista interno, mentre il film del ’97 paventa il recupero individuale della propria soggettività, rappresentando solo esteriormente quel che avviene nella realtà fenomenica in pieno collasso. Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time, al contrario, si muove a metà tra i due approcci, in bilico costante fra orizzonti estetico-filosofici all’apparenza opposti, per incardinarli sul solco di una rivendicazione parentale fino a quel momento rimandata. Rileggendo così ambedue i percorsi alla luce di quella “assenza genitoriale” in cui da sempre si originano i conflitti di tutti i protagonisti di Evangelion, e che prima di adesso non aveva mai superato lo stato di mera “matrice traumatica”.

 

I motivi per cui Evangelion: 3.0+1.0 Thrice Upon a Time si pone come luogo ideale di risoluzione conflittuale, non sono da individuare solamente nella sua struttura di “testo conclusivo”. L’Anno ultrasessantenne di adesso non è più l’enfant prodige esistenzialista e alienato di 30 anni fa. Se in tempi pregressi Neon Genesis Evangelion ha funzionato come analisi (auto)critica dei demoni interiori dell’autore, impossibili da scacciare perché fin troppo soffocanti nella loro prossimità temporale, ora la situazione richiede un necessario cambio di paradigma. Nel testo “conclusivo” di un artista venuto ormai a patti con sé stesso, infatti, non c’è spazio né per la sospensione emotiva, né per una posticipazione ulteriore dell’agognata pacificazione con la figura paterna. Qui Anno può finalmente guardare con distanza al suo trauma originario, e risolverlo idealmente attraverso le azioni di uno Shinji più maturo e meno vulnerabile. Quel che nei due precedenti finali era sovente ostacolato, adesso è definitivamente pronto ad esplodere: un padre si apre davanti al figlio, mostrando per la prima volta le sue ferite. Il figlio accetta la debolezza paterna, ed è “libero” di lasciarsi alle spalle il fardello di un passato traumatico. Insomma per Anno è giunto il momento di dire addio al suo alter ego di sempre, e per noi di salutare tra le lacrime una storia che ci ha spinti a metabolizzare le nostre fragilità più recondite. E come sembra suggerire il cineasta, non esistono motivi per temere il passato quando si è davanti ad un futuro già scritto. A volte si può comprendere la realtà anche nei momenti in cui essa ci spinge verso le sue derive più distopiche. È forse questo il reale fondamento di Evangelion. Il cuore testuale da cui derivano le ruminazioni più perturbanti dei suoi capitoli conclusivi. La nuova genesi degli angeli, in fin dei conti, è davvero arrivata.

Titolo originale: Shin Evangerion Gekijōban
Regia: Hideaki Anno
Voci: Megumi Ogata, Yuko Miyamura, Megumi Hayashibara, Maaya Sakamoto, Kotono Mitsuishi, Yuriko Yamaguchi, Tomokazu Seki, Tetsuya Iwanaga, Junko Iwao, Fumihiko Tachiki, Mariya Ise, Miki Nagasawa, Koki Uchiyama
Distribuzione: Nexo Digital, Dynit
Durata: 155′
Origine: Giappone, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.3
Sending
Il voto dei lettori
3.8 (5 voti)
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