Ex Machina, di Alex Garland

Alex Garland Ex Machina sceglie di usare il genere sci-fy, depotenziato della sua superficie spettacolare per sfruttarne gli elementi più intimi e inquietanti.

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Caleb, forse non a torto, si ritiene un programmatore informatico eccellente. E’ con lo spirito falsamente umile di chi sovrastima le proprie capacità, quindi, che il giovane accetta di buon grado la bugia della lotteria aziendale per sfruttare l’occasione di lavorare con il suo capo Nathan. Miliardario e genio dell’informatica, l’uomo accoglie Caleb nel suo isolato laboratorio/dimora con il fine di coinvolgerlo in un misterioso test su una scoperta sensazionale. Nell’asettica casa-scrigno di Nathan, infatti, è racchiuso un tesoro: Ava, il primo robot che potrebbe essere dotato di coscienza di sé. Racchiusi in questa prigione ipertecnologica, i tre inquilini creeranno un triangolo di manipolazione e paranoia che degenererà in un clima sempre più violento e asfissiante. Sceneggiatore e romanziere caro a Danny Boyle (suoi gli script di The Beach, 28 giorni dopo e Sunshine), Alex Garland per il suo esordio alla regia sceglie di percorrere la strada della fantascienza “realistica”, già segnata con grande efficacia dalle storie della serie inglese Black Mirror.

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domhnall gleeson in ex machinaCome l’angosciante progetto ideato da Charlie Brooker, anche Ex Machina sceglie di usare il genere sci-fy, depotenziato della sua superficie spettacolare (anche se la ricostruzione visiva di Ava è affascinante), per sfruttarne gli elementi più intimi e inquietanti. Il gioco alla dissimulazione e al raggiro che inscenano i tre protagonisti si muove sui territori teatrali di Gli insospettabili di Mankiewicz più che sulla fantascienza minimal del Moon di Jones, e rende fondamentali le domande insistenti che il robot Ava pone ai suoi spaesati e inadatti interlocutori. Ava, dallo splendido volto di Alicia Vikander, con la sua commovente sete di libertà e la sua frenetica attenzione alle questioni dell’esistenza, sembra quasi meritare più “l’Umanità” rispetto ai suoi sfatti pigmalioni. Rappresentato dal patetico anonimato di Domhnall Gleeson e dall’arrogante volgarità intellettuale di Oscar Isaac, l’Essere umano è quasi destinato alla disfatta di fronte alla bellezza eterea e alla viva elasticità mentale di questo robot che, nel suo sguardo finale di pura gioia, dimostra di essere più umano degli umani. Garland, dopo essersi immerso nella lezione morale dell’Ishiguro di Non lasciarmi (dove erano i cloni a rivendicare nel sacrificio la propria umanità) confeziona un thriller etico e spietato in cui l’intelligenza artificiale ha la sua definitiva vittoria, in un puro film di genere che più che femminista (come hanno furbamente sottolineato diversi critici anglosassoni) si rivela “robotista”.

 

Titolo originale: id.

Regia: Alex Garland

Interpreti: Domhnall Gleeson, Oscar Isaac, Alicia Vikander, Chelsea Li, Evie Wray

Distribuzione: Universal Pictures

Durata: 108′

Origine: Usa/Gran Bretagna 2014

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    Un commento

    • film stupendo e intenso (come già era stato non lasciarmi, di cui ritroviamo i temi e le atmosfere), forse tra i più intelligenti e raffinati sulle ambiguità dell’IA… chi ha visto l’episodio di black mirror di cui era protagonista gleeson coglierà una certa ironia nel suo ruolo attuale (ma non dico nulla per non spoilerare…)… forse di troppo gli ultimi 5 minuti: se il film fosse finito con la porta che si chiudeva avrebbe chiuso il cerchio con il suo più celebre antenato… : )