Fabbrica di sogni, deposito di incubi: Dieci anni di cinema USA 2010-2019

Santoli racconta il cinema USA attraverso una riflessione sul sogno americano tra digitale e streaming, nuovi temi e ricerca costante di internazionalizzazione e immersività

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Fabbrica di sogni e deposito di incubi, questo è ciò che per Stefano Santoli, saggista e critico cinematografico, è diventato il cinema americano. Una palla di cristallo che si è frantumata al suolo, lasciando a terra frammenti che continuano a riflettere la storia recente di un impero decaduto. Il saggio racconta solo dieci anni di cinema americano (2010-19) che però bastano a far comprendere quante evoluzioni hanno attraversato la società e il linguaggio audiovisivo. Santoli non propone una lista da assorbire passivamente, ma accompagna il lettore ad un viaggio intenso ed affascinante alla riscoperta di un cinema che dal basso, dall’autoriflessione e dallo studio sui generi risorge con nuovi autori che hanno superato la fase postmoderna.
Una nuova ondata che per certi versi potrebbe essere definita neoclassica, termine però rifiutato dall’autore, e che si presenta come una versione 2.0 della New Hollywood, lontana dallo star system della prima metà del Novecento e da qualsiasi forma classica di linguaggio. È un cinema che forse ha smesso di credere nel sogno americano. Entrato in una fase post-postmoderna che non si basa più unicamente sul metalinguismo e la citazione. È qualcosa che viene da quel mondo, ma che riflette direttamente la realtà senza aver per forza bisogno di appoggiarsi ad un immaginario di riferimento.

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Già colpiti al cuore dall’attacco alle Torri Gemelle, l’America nell’ultimo decennio ha affrontato una crisi socio-economica che ha portato alla presidenza Trump nel 2016 e, di riflesso, alla creazione di movimenti come il Black Lives Matter e il movimento MeToo che hanno totalmente trasformato la cultura americana e mondiale. I temi sono diventati sempre più chiari ed espliciti: fine del sogno americano, disgregazione del tessuto sociale, divario socio-economico, abbandono dei più giovani ed emancipazione femminile con conseguente paura dell’uomo verso la donna e il suo cambiamento.
Il saggio di Santoli con un’analisi cristallina ci parla non solo del mutamento tematico del cinema americano, ma anche di tutte le trasformazioni di linguaggio che hanno portato verso una sempre maggiore ricerca di interazione con il pubblico. Dal 3D all’utilizzo del piano sequenza, dai Mind Games Movies alla riscrittura di icone storiche attraverso multiversi e reboot. Il cinema americano osservando la neoserialità, i servizi streaming e chi li fruisce cerca consenso, curiosità ed immersività. Propone al pubblico di entrare in contatto con un flusso di immagini dove tempo diegetico e filmico spesso e volentieri coincidono. Ci sono continue possibilità di scelta e un sempre maggior interesse verso l’esterno, verso l’internazionalizzazione, soprattutto dopo la vittoria di Parasite agli Oscar.

Santoli con uno stile scorrevole e interessante crea un perimetro ben definito intorno a questi ultimi dieci anni di cinema americano, lasciando comunque lo spazio ad ulteriori ipotesi di lettura.

“Fabbrica di sogni, deposito di incubi: Dieci anni di cinema USA 2010-2019”, di Stefano Santoli
Pagine 248 
Prezzo 20 euro
Mimesis Edizioni, collana Cinema

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