The Day I Found a Girl in the Trash, di Michal Krzywicki

Il Fantafestival apre con The Day I Found a Girl in the Trash, potente film distopico che si trasforma in un road movie alla ricerca di speranza e quotidianità in una società disumanizzata

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The Day I Found a Girl in the Trash racconta di un futuro distopico, non troppo lontano, dove i condannati vengono trasformati in automi tramite una sostanza chiamata Vaxina, che li spoglia dei propri ricordi. Inoltre tramite un collare chiodato vengono resi muti e insensibili al dolore. L’attivista Szymon, contrario a questa nuova forma di schiavitù, per protestare ha deciso di suicidarsi in diretta sui suoi canali social, ma l’incontro con l’automatizzata Blu, lo porterà a intraprendere un ultimo viaggio verso una nuova vita.

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Il film di Krzywicki è una storia sulla speranza e sulla voglia di rinascita. Costruito tramite i più grandi riferimenti che ci vengono in mente quando pensiamo alla distopia, Blade Runner, Matrix e Ghost in the Shell, che però il film cerca comunque di mantenere a debita distanza. Al regista polacco infatti non interessa costruire la sua narrazione sulla distopia e quel mondo che tanto ci faceva strabuzzare gli occhi nella lenta apertura, accompagnata dalla musica di Vangelis, del film di Ridley Scott. Raccontare quel mondo gli serve solo da setting iniziale. Per questo, va in sottrazione. Crea subito delle associazioni per far orientare meglio il suo pubblico e una volta riconosciuti gli spazi, fugge. Quello che gli interessa raccontare è qualcosa che sta al di fuori di quel mondo chiuso da collari puntonati e dati. Gli interessa allontanarsi dal dato certo, dagli estremismi e gli automatismi per raccontare le sfumature più umane di uno spazio che non ammette umanità. Un posto totalmente sotto il controllo di un occhio orwelliano dove vige la totale mancanza d’empatia e dove si favorisce, come nel contemporaneo probabilmente, il progresso tecnologico e il consumo. Per questo motivo il film vero e proprio inizia esattamente nel momento in cui Krzywicki riesce a staccarsi dalla società che ha creato i suoi due personaggi. Finalmente si passa dalla distopia al puro road movie dove i due fuggono dalle loro vite e dai progressisti che li braccano. Blu e Szymon rappresentano i bug di una società inumana dedita al profitto.
Basta l’accudimento di una gallina da parte di Blu e il movimento alla I 400 colpi verso il mare, verso l’acqua simbolo della nascita, per costruire quella ricerca, e richiesta, di semplicità in una società fin troppo complessa che ha smesso di esser libera. I suoi due protagonisti si muovono come i personaggi di Cormac McCarthy in The Road. Entrambi rimandano la morte cercando di mantenere quel filo di speranza in un mondo totalmente disumanizzato che ha reso, in fin dei conti, anche loro disumanizzati e pronti a spegnersi. È proprio quel viaggio però, impregnato di ricordi e nuovi incontri che gli ridonerà vita e speranza.

Se da una parte il genere di riferimento e la costruzione iniziale fa presupporre ben altro, il film di Krzywicki riesce ad entusiasmare nell’improvviso ribaltamento di genere che permette una maggiore ricerca del quotidiano. La regia eppure, invece di aiutare questo movimento verso la libertà appesantisce alcuni passaggi con flashback e didascalismi di cui si sarebbe potuto tranquillamente far a meno. Forse anche lo spettatore poteva essere messo nelle condizioni di diventare un viaggiatore in questo lungo viaggio di presa di coscienza.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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