FAR EAST 14 – "Night Journey", di Kim Soo-yong
Girato nel 1977, Night Journey è un sorprendente erotic-drama che dialoga con la cultura e il cinema occidentali del suo tempo, forte di una protagonista complessa e moderna che rifugge tutti i modelli femminili disponibili. Solo apparentemente a-politico, il film di Kim Soo-yong elabora, sotto traccia, una visione assai critica della società sudcoreana degli anni '70. "The darkest decade" del cinema sudcoreano, a cui il Far East 14 dedica la sua retrospettiva, è quella '70-'79
Ne è certamente un esempio Night Journey, diretto nel 1977 da Kim Soo-yong, sorprendente erotic drama che guarda assai poco a un Impero dei sensi, per quanto vicino geograficamente e temporalmente (il film di Oshima è del 1976), e molto di più invece alla cultura e al cinema europei e americani di quegli stessi anni. Kim Soo-yong vi racconta, a partire da un romanzo di Kim Seung-ok, una settimana nella vita di miss Lee, quarantenne single, impiegata di banca a Seul, che intrattiene da tempo una regolare relazione clandestina con un collega, mr. Park, che non sembra evolvere in un legame ufficiale. Di notte i due convivono more uxorio, di giorno, in ufficio, fingono reciproca indifferenza. Da qui il plot si sviluppa per mezzo di continui riposizionamenti dell'equilibrio nel rapporto tra i due, con lei che sembra inizialmente la più propensa a "formalizzare" il loro impegno, ma poi riconsidera l'idea, conosce altri uomini e si allontana da mr. Park.
Il personaggio di miss Lee (interpretata dalla grande Yun Jung-hee, recente protagonista di Poetry) colpisce per la sua complessità e modernità. Per quanto non cosciente della sua stessa essenza anticonformista, questa donna che rifugge tutti i modelli femminili disponibili sembra sul punto di dare voce a un femminismo di cui allora non v'era traccia nell'Estremo Oriente; pur nella sua irresolutezza, ciò che miss Lee ha ben chiaro alla fine è una percezione del maschio quale precisa incarnazione del potere.
Solo apparentemente a-politico, Night Journey elabora dunque, sotto traccia, una visione assai critica della società sudcoreana, spingendosi anche oltre l'analisi dei rapporti tra i sessi. Il paesaggio umano di un paese che si vorrebbe moderno e soddisfatto è in realtà sconfortante, tra una Seul massificata, pullulante di piccoli impiegati che annegano ogni sera nell'alcol le proprie frustrazioni, e una provincia culturalmente arretrata.
Alla censura governativa non sfuggì a suo tempo la portata provocatoria della pellicola, imponendole diversi anni di purgatorio (il film era pronto già nel 1973) e diversi metri di tagli. È lecito immaginare che le scene epurate esplicitassero i congressi carnali intrattenuti dalla protagonista, ma viene da pensare che la loro privazione abbia permesso in fondo di valorizzare ancora di più quell'atmosfera di costante ambiguità che è la miglior scelta di Kim Soo-yong. Lo sguardo in soggettiva di miss Lee "monta" il reale in maniera frenetica e deformata come in un film di Penn o di Peckinpah, sostenuto da una bellissima colonna sonora dissonante che tiene alto il volume dell'ansia. Così, indecisa tra realtà e sogno, tra un presente brutale e un passato mitizzato (il tempo del primo amore), miss Lee sonnambula per il mondo attirando su di sé occhi maschili desideranti che altro non sono che la proiezione del proprio desiderio. E verso i quali perciò, come la Carol di Repulsion, è fatalmente attratta.