"Fate come noi", di Francesco Apolloni
Il film di Apolloni è capace di segnalarsi per la solida ed intricante struttura narrativa, a volte aggirantesi verso felici echi soldiniani. Ed è un peccato rammentare le difficoltà produttive subite dal film, quando si continuano a premiare cinici e asfittici mid- cult su trentenni in difficoltà o adolescenti con il nasino all'insù.
Questa volta le giornate particolari sono ben due, seppur non ci sia nessun duce a cui dare buca, ma un vuoto a cui dare risposte, una inquietudine da domare, sedare con l'improvvisa evenemenzialità del dono. Due vigilie, per aspettare qualcosa, sapendo che non avverrà nulla dell'auspicato, nè tantomeno un compimento con cui siglarla. La prima, quella di ferragosto, passata, da parte di due giovani ventenni il Pechino e il Bove, disquisendo sul modo migliore di approcciare con una ragazza, farla sentire felice ed appagata, sopratutto sessualmente. Finchè non arriva l'incontro con un vecchina ancora speranzosa di vedere l'agognato nipotino, presentificatosi nella figura del Pechino, maldestramente intrufolatosi per svaligiare casa e raggiungere l'amico nella babilonesca Rimini, e ritrovatosi, come i memorabili Soliti ignoti, a degustare un piatto di spaghetti al pomodoro. Sul versante opposto ci si ritrova, nella seconda parte, nelle immediate vicinanze della notte di Natale, dove i due simpatici amici incrociano i loro destini grazie alle loro improvvisate compagne.
Due piccoli racconti, muliebri e cangianti come aerei affreschi intimistici, in cui si incontrano personaggi e tratti di minimale spessore ma umanissimo candore. Si ride frequentemente ascoltando i due protagonisti, gli affiatati Mauro Meconi e Francesco Venditti, tentare di tradurrre in una soddisfacente pratica le proprie ingenue aspirazioni sentimentali in perfetto slang romanesco. A cui però fa il palio, come in una sorta di romanzo di formazione, la prova di umana comprensione della solitudine di nonna Giustina, con cui si decide di trascorrere una cena fingendosi di esserne il nipote.
Nel gran fervore consumistico, presago di distratti rapporti coniugali e sciagurate disattenzioni materne, inseriscono la loro alterità di ragazzi di borgata, abituati a parlare di sè con sincerità, spiazzando gli ovattati interni altoborghesi in cui si trovano assai casualmente. Un prodotto capace di segnalarsi dunque innanzitutto per la solida ed intricante struttura narrativa, a volte aggirantesi verso felici echi soldiniani. Ed è un peccato rammentare le difficoltà produttive subite dal film, quando si continuano a premiare cinici e asfittici mid- cult su trentenni in difficoltà o adolescenti con il nasino all'insù; il film infatti è stato realizzato nel 2002 ma ha dovuto attendere due anni prima di trovare l'uscita in sala.
Regia: Francesco Apolloni
Sceneggiatura: Francesco Apolloni, Gianni Cardillo, Paolo Rossetti
Fotografia: Giulio Pietromarchi
Montaggio: Rita Rognoni
Musiche: Alessandro Molinari, Emanuele Lunadei
Scenografia: Emita Frigato e Simona Garrotta
Costumi: Chiara Ferrantini
Interpreti: Mauro Meconi (Il Pechino), Francesco Venditti (Il Bove), Pupella Maggio (Giustina), Arianne Turchi (Livia), Agnese Nano (Giordana). Paolo Sassanelli (barista), Ricky Tognazzi, Piero Natoli
Produzione: Massimo Chiesa per Fox & Gouold Produzioni
Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 90'
Origine: Italia, 2002