FCAAAL 26 – Incontro con Mpumelelo Mcata

L’artista poliedrico Mpumelelo Mcata e la produttrice Anna Teeman hanno risposto alle domande del pubblico e della co-direttrice del Festival Annamaria Gallone dopo la proiezione di Black President

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di Chiara Zanini

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L’artista poliedrico Mpumelelo Mcata e la produttrice Anna Teeman hanno risposto alle domande del pubblico e della co-direttrice del Festival Annamaria Gallone dopo la proiezione di Black President.

 

Lei è un musicista molto affermato con i BLK JKS, e ora regista. Com’è avvenuto il passaggio?
Mpumelelo Mcata: In verità la musica l’ho incontrata attraverso il cinema, ho girato dei videoclip mentre suonavo.

I dialoghi che intrattiene l’artista protagonista del film sono densi, ricchi di concetti non facili per noi italiani, arrabbiati, carichi di violenza sopportata e non più sopportata, riflettono il sentimento verso l’Europa. Come avete deciso di filmare Kudzanai Chiurai (originario dello Zimbabwe, vive a Johannesburg)?
Il film è venuto così spontanamente. È onesto perché non avevamo obblighi commerciali, e questo ha fatto emergere la qualità di Anna Teeman come produttrice. Non abbiamo dovuto forzarci a seguire una modalità narrativa in particolare, perché non era prevista. Perciò quello che vedete è un collage-ritratto di un artista giovane che a Johannersburg si relaziona con la comunità. Sono cinque anni del suo inconscio, e una fotografia del suo spazio mentale. Avevamo moltissime interviste e materiale alla fine delle riprese, ma al montaggio abbiamo lasciato perdere le idee iniziali e lavorato come se avessimo avuto una tela completamente bianca.

Sono stata in Sudafrica venticinque anni fa e ho avvertito un forte senso di distanza da ciò che è l’Europa. È ancora così?
Sì. Da Capetown le navi partivano sia verso i paesi occidentali, sia verso quelli orientali, facendo della città la prima roccaforte del capitalismo, e allo stesso tempo uno dei luoghi meno evoluti del mondo. Perciò i giovani artisti neri oggi lottano ogni giorno per lavorare, e questo rende le loro opere molto interessanti. Il razzismo c’è ancora ma l’apartheid non è più legale, di conseguenza non è più combattuto in modo ugualmente tangibile. Ora è come se si combattesse contro un fantasma, ed è semplicemente più difficile.

Altri artisti neri stanno cercando di tornare all’origine delle cose come ha fatto Lei per mezzo del film?
Sì. Va ricordato che siamo una democrazia giovane, siamo solo ventunenni. Assistiamo ad una scena culturale in cui c’è un numero crescente di giovani artisti che riscoprono il passato e che cosa il sistema ha inquinato. È un po’ come quando ad una festa tutti sono già ubriachi, e tu da sobrio vuoi raggiungerli. E forse non bevi nemmeno.

Di recente in Italia abbiamo conosciuto meglio gli artisti della diaspora grazie alla Biennale di Venezia 2015 diretta da a Okwui Enwezor. C’è dialogo tra generazioni di registi, e tra generazioni di artisti più in generale?
C’è una distanza, e dipende anche da finanziamenti non sufficienti. Ad esempio il nostro film ha avuto la prima mondiale al Festival di Berlino, ma non credo che i professionisti più famosi del nostro cinema lo sappiano. I giovani hanno sempre ascoltato le storie delle anziani. C’è un dialogo, ma se ad esempio per realizzare questo film avessimo spiegato loro le nostre intenzioni sarebbe diventata un’impresa impossibile. La generazione precedente la nostra detiene le chiavi e spesso non lascia fare. C’è anche una forte protesta del movimento degli studenti per ottenere l’istruzione gratutita, cui il governo risponde che è impossibile, e gli studenti replicano ”No, dovete trovare il modo”. E ci sono anche altri movimenti, ad esempio Black Lives Matter che rifiuta le normatività. I giovani si muovono eccome.

Domanda per Anna Teeman, produttrice e attrice del film:
Come ha deciso di produrre questo film essendone anche interprete?
Molti produttori sono anche attori. quando mi sono accorta recitando nel film che i rapporti tra noi si rafforzavano sempre più ho deciso di produrlo.

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