FCAAAL Milano 25 – Madri e figlie, padri e figli

I percorsi del festival suggeriscono riflessioni e impressioni che si arricchiscono e si completano, si contraddicono e si confermano. Questa volta parliamo di legami familiari.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

The Storm Makers: ceux qui amènent la tempête, Guillaume Suon (Concorso)
En la Estancia, Carlos Armella (Concorso)
The Narrow Frame of Midnight, Tala Hadid (Concorso)
Père, Lotfi Achour (Concorso cortometraggi)

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

The Storm Makers, ceux qui amènent la tempête, Guillaume SuonLe tensioni familiari e i conflitti generazionali regolano solitamente i rapporti familiari e nelle storie del cinema costituiscono il fondamento su cui fare crescere gli antagonismi tra i personaggi. Quest’ottica generalmente utilizzata nello sviluppo diegetico assume toni e contorni differenti a secondo che si utilizzi un piano di realtà oppure che si condivida un piano di pura narrazione frutto di invenzione.
All’interno di queste dinamiche che nel cinema risultano ricorrenti, il FCAAAL di Milano ha, non si sa quanto involontariamente, costruito un preciso percorso che trova qualche conferma nella premessa e alcune originalità rispetto alle consuete ipotesi e scelte narrative.
Il tema del rapporto familiare è da sempre un argomento centrale nelle culture, differenti e multiformi, che i film del festival incrociano. In queste culture si ritrova quale comune denominatore, la forte propensione al riconoscimento decisivo del rapporto familiare in generale. In questo senso diventano fortemente prevalenti i rapporti familiari la dove l’esperienza degli anziani restituisce valore al gesto o diventa vademecum per la vita dopo il superamento di un percorso iniziatico. L’anomalia che si istituisce quindi è quella del conflitto estremo se non dell’odio che si materializza nelle vicende di questo cinema. Qualcosa cambia anche in queste culture e la ricerca di vicende personali reali ovvero la scrittura dei soggetti originali ci consente di osservare quanto e come il trattamento di questi legami familiari possa mutare anche rispetto ai suoi fondamenti, originari pilastri di culture antiche che vivono di regole consolidate.
Il già citato The Narrow Frame of Midnight di Tala Hadid En la estancia, Carlos Armellaconteneva in se tutti i germi per una prolifica e multidirezionale trattazione del tema della genitorialità, fondando, quel film il suo sviluppo proprio sul senso di abbandono e di ricerca di una famiglia per dare soluzione ad un congenito smarrimento esistenziale. Zaccaria e Judith sarebbero i genitori ideali per la piccola Aicha che finisce, invece, nelle mani dell’altra coppia di genitori mancati segnati dalla colpa e delinquenti per natura. Una duplice visione che diventa atteggiarsi delle possibilità e delle occasioni, ma che soprattutto traduce in visione l’ulteriore senso di smarrimento davanti ai rapporti di famiglia per la piccola protagonista.
Il cambogiano The Storm Makers: ceux qui amènent la tempête di Guillaume Suon, nella sezione del concorso dei lungometraggi, scava su questo tema con crudezza estrema dentro un pacato racconto di una donna cambogiana venduta come schiava/prostituta in Indonesia e quindi ritornata al proprio villaggio con questa ferita inguaribile e una specie di marchio indelebile che si è materializzato in un figlio non voluto. Il suo racconto è apparentemente composto, ma dentro ribolle una rabbia insanabile verso un mondo in cui non si riconosce più e a questo si aggiunge l’odio profondo verso la madre e verso il figlio che vede crescere sotto i propri occhi. I portatori di tempesta, cioè coloro che hanno il compito di convincere le famiglie a vendere le figlie, sembrano averle distrutto ogni possibile Père, Lotfi Achoursensibilità verso qualsiasi forma d’amore familiare. Un odio profondo verso la madre ha sotistuito in lei ogni possibile forma di amore materno che non riesce ad avere nè verso la madre, nè nei confronti del figlio. Ma anche la madre nutre sentimenti di completo distacco nei confronti di questa figlia che ormai sembra non riconoscere più e che è diventata soltanto l’incarnazione di un errore e la rappresentazione vivente di un’altra tragedia. È invece la figura paterna a dare voce ad un profilo positivo della amara vicenda. Il padre si assume la colpa della tragedia dettata dalla povertà e ha sentimenti d’amore nei confronti della figlia e quest’ultima è salvata dalla sua paura di affrontare il padre. Un capovolgimento delle regole consolidate in queste culture patriarcali che ci fa guardare con altri occhi ai rapporti di maternità e ci restituisce uno sguardo differente sulla profondità del rapporto paterno che viceversa, nelle culture a noi più vicine, assume profili di diffidenza e di poco peso a fronte di una prevalenza anche mediatica dell’insuperabile amore materno.
Di altra natura è il rapporto, questa volta il rapporto di legame paterno, che sta al centro della storia di En la Estancia del messicano Carlos Armella. Esempio di un cinema di per se interessante tenuto conto che utilizza gli stili e le forme della non fiction, per sfociare in un racconto di pura narrazione con l’andamento di una visione che resta ben ancorata a quella del documento filmato, della ripresa di ricerca. Lo stretto rapporto tra Juan Diego e il padre ultranovantenne è la conferma di una regola ricorrente. In questo villaggio minerario di montagna loro due sono rimasti gli unici abitanti e Sebastian è li per filmare la loro vicenda umana, scoprire il loro rapporto esclusivo. Ma il padre muore e anche Juan Diego lascia il villaggio. Il ritorno di Sebastian con la propria donna incinta, dopo alcuni anni, farà esplodere le tensioni tra lui e il ritornato Juan Diego. Il film si chiuderà su una nuova e inattesa paternità che sembra perepetuare la vita nel villaggio. A metà tra la fiction e la non fiction, En la estancia indaga, con una trasversalità sempre vigile, su questi rapporti familiari, sulla loro esclusività tanto da relegarli in un posto sperduto al mondo e sconosciuto ai più. Un cinema spiazzante e perfino disturbante se si riesce a penetrare il meccanismo fiction/non fiction che il regista, con la complicità produttiva di Alejandro Inarritu, mette in gioco forse con qualche lungaggine di troppo. Un cinema che sembra affrontare con doppio valore il tema di una paternità indispensabile che diventa punto di riferimento essenziale, tanto che nel momento in cui viene a mancare sembra impedire ogni positivo sviluppo. Una rete familiare che si avvolge attorno ai personaggi che ne restano imprigionati. In questo senso En la En la Estancia_1, Armellaestancia si situa a cavallo di un cinema anomalo, estraneo ai canoni e perfino alle venature horror che sembrano informarlo apperantemente superficialmente, ma nella realtà molto più profondamente di quanto appaia, tenuto conto di quanto i temi dei rapporti familiari in genere abbiano pesato nello sviluppo di quel cinema.
Il cortometraggio tunisino Père di Lotfi Achour selezionato per il concorso è più esplicito. Un giorno Hedi, tassita, uomo sposato e padre di due bambini, carica sul suo taxi una donna che sta per partorire. La donna dichiarerà che il figlio è di Hedi. Questi per dimostrare il contrario dovrà sottoporsi alla prova del DNA. Scoprirà la sua sterilità congenita.
Nella sua forma breve Père non ha fronzoli e va dritto alla meta diventando una delle migliori e più compiute riflessioni sulla necessità della paternità che va al di là di ogni legame di sangue e stringe rapporti più che altro con il tema della responsabilità. Riflessione acuta sulla coppia e sul perdono, sulle apparenze e le ipocrisie familiari, film completo e geniale nella sua messa in scena di estrema semplicità e linearità. Hedi sa di essere padre per natura, la sua missione è quella tanto è vero che sceglierà di esserlo alla fine anche per il piccolo neonato dalla donna che lo aveva indicato come padre. C’è un senso di modernità in questa visione complessiva di questi complicati rapporti, che ci arriva proprio da un’area del pianeta che viene solitamente additata come distante da ogni progresso, come soggiogata da asfissianti tradizioni familiari. Il cinema ha saputo cogliere questa anomalia e farsene portavoce.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array