FCAAAL Milano 25 – Resoconti da Milano, sperando in tempi migliori

I bilanci della 25esima edizioni sono positivi, ma il Festival è a rischio di sopravvivenza e quindi oggi il primo obiettivo sarà quello di dare notizia della sua 26esima edizione.

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L’edizione 25 del FCAAAL si è conclusa. La serata finale ha avuto come ospite la cantante Malika Ayane. Un merito, ancora una volta, va riconosciuto a tutto lo staff, da Anna Maria Gallone e Alessandra Speciale e poi via via senza considerare gerarchie e responsabilità, pur gravose, adempiute da tutti con una completa e totalizzante dedizione e con spirito autenticamente volontaristico. Se il mondo del cinema è famoso per i fasti e i movimenti di denaro che produce, questo non è certo il caso del festival di Milano che vive quasi esclusivamente sulle spalle e sulla passione di molte persone. Ma spesso la passione non è sufficiente e se si vuole fare vivere quest’appuntamento bisognerà correre subito ai ripari.
L’Expò avrebbe dovuto costituire un contenitore utile per dare risalto alle manifestazioni che

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Letters from Al Yarmouk, Rashid Masharawi

Letters from Al Yarmouk, Rashid Masharawi

ne pubblicizzano il suo svolgimento tra cui il Festival, ma è divenuto invece un pianeta ingombrante la cui forza gravitazionale è tanto attrattiva e invadente da risucchiare ogni forza vitale che si sviluppa attorno. La legge fisica, con tanto di causa ed effetti, vale anche per la vita culturale. Alcuni sponsor consolidati hanno lasciato il festival per dirottare le ormai contenute risorse disponibili, verso la grande esposizione universale che forse non ne aveva bisogno. Si dovrebbe solo riflettere sul tema della provvisorietà che avrebbe indotto a pensare che l’Expò passa e alcune iniziative istituzionali dovrebbero restare per dare maggiore corpo e occasioni alla pur sempre ricca proposta culturale cittadina. È forse sbagliato parlare di biodiversità, questa volta culturale? Il paradosso parlando di Expò è proprio questo: la perdita di una naturale diversificazione della proposta culturale. Non si ha alcun pregiudizio contro l’Expò che resta un grande contenitore molto spettacolare (con alcune pecche organizzative toccate con mano), ma si critica l’ottica onnicomprensiva con cui queste manifestazioni sono viste. L’Expò va benissimo ma perché desertificare un terreno che da ottimi frutti? A questo si aggiunga una rivoluzione dei costi di soggiorno con una triplicazione dei prezzi degli alberghi, conseguenza di una incomprensibile politica di generale dissuasione dall’arrivo in città e di visita all’Expò se non per ragioni di obbligo professionale o con il solito “mordi e fuggi” che non lascia benefici.
Restando senza risposte agli interrogativi, riconosciamo che il festival con una proposta sempre di livello, ha messo a segno qualche colpo di non trascurabile spessore, primo fra tutti la presidenza della giuria affidata al regista mauritano Abderrahmane Sissako.
Il premio più importante del festival è andato al cambogiano The Storm Makers: ceux qui

The Monk, The Maw Naing

The Monk, The Maw Naing

amènent la tempête di Guillaume Suon, un film coraggioso dal contenuto infernale che ci ostiniamo a vedere molto vicino alla produzione di Joshua Lincoln Oppenheimer. La giuria, riteniamo, abbia lavorato con attenzione e giocoforza resta sempre l’amarezza di non potere distribuire altri riconoscimenti. Ne avrebbero sicuramente giovato il palestinese Rashid Masharawi con il suo Letters from Al Yarmouk, film che ha ricevuto i maggiori consensi da parte del pubblico. È cronaca da uno dei tanti luoghi dannati in cui trovano rifugio i palestinesi. Siamo in Siria e il campo a rischio per la situazione del Paese. Il racconto di Masharawi è incalzante e si focalizza su una giovane coppia divisa dalla guerra lei che ora abita in Germania e lui Niraz Saeed nel campo di Al Yarmouk. Una tra le tante storie da raccontare, le altre sembrano scolpite nelle fotografie di Saeed che fa il fotografo e con le sue fotografie prova a sensibilizzare il mondo sulla vita in quei luoghi. Sicuramente un altro film della sezione del concorso che merita menzione è The monk un film del Myanmar come il suo regista The Maw Naing, artista polivalente che ha studiato a Praga e qui al suo esordio alla regia. Storia di un giovane monaco buddista che deve accompagnare in città il suo superiore, gravemente ammalato, per le cure necessarie. Film notturno e meditativo, in cui i vuoti, come insegnano le teorie zen danno vita ai pieni.
Nella sezione Extr’A in cui si selezionano film italiani che si occupano di altre culture, ha vinto il premio Fondazione ACRA-CSS il film Looking for Kadija di Francesco G. Raganato.
Il buon livello del concorso trova identici riscontri anche nelle altre sezioni. Forse la collocazione al MUDEC, decentrato rispetto ai luoghi centrali delle proiezioni – ma la struttura resta collaborazione strategicamente necessaria per il festival – ha penalizzato la bella sezione dei film restaurati a cura della fondazione di Martin Scorsese.
Dare unità alla manifestazione gioverebbe quanto a presenze nelle proiezioni delle sezioni collaterali, ma in fondo questo costituisce se non l’ultimo uno degli ultimi problemi della manifestazione del COE. Il Festival è a rischio sopravvivenza e quindi oggi il primo obiettivo sarà quello di dare notizia della sua 26esima edizione.

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