FEFF 25 – Tra retrospettive e sguardi sul futuro

Il Far East Film Festival di Udine celebra i suoi 25 anni con un’edizione densa e simbolica, in cui appare evidente la volontà di ragionare sul senso della propria missione

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La nuova edizione del Far East Film Festival, che si terrà ad Udine dal 21 al 29 aprile, sembra già guardare al futuro. Lo abbiamo osservato con la presentazione del manifesto, un’immagine di per sé sintomatica delle intenzioni di una manifestazione che per festeggiare un traguardo così simbolico come i 25 anni di storia, non si sofferma sul passato, ma punta invece su quelle stesse espressioni – come, appunto, l’intelligenza artificiale – che ridefiniranno i prossimi orizzonti dell’audiovisivo. D’altronde il FEFF, il primo (e più grande) festival italiano dedicato interamente all’indagine delle narrazioni popolari dell’Estremo Oriente, ha da sempre costruito la propria missione attorno all’idea di “scoperta”, perseguita negli anni grazie alla celebrazione di opere e autori seminali delle cinematografie asiatiche, e alla loro immediata promozione nei vari circuiti distributivi italiani – dall’home video, fino alla proiezione nelle sale.

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Ma il FEFF tratta pur sempre del presente. E per la sua 25ª edizione, la manifestazione ha voluto puntare sin da subito su una commistione di volti nuovi e già noti, da celebrare tanto nella sezione ufficiale del Concorso, quanto – naturalmente – nelle cornici commemorative della (più che corposa) retrospettiva dedicata ai film degli anni ’80 e ’90. Sul versante delle opere in Competizione, troviamo infatti autori esperti come Ryuichi Hiroki (che porta al festival due film, Phases of the Moon e You’ve Got a Friend, oltre a 800 Two-Lap Runners inserito nella retrospettiva) o veterani come Zhang Yimou (Full River Red) accanto a giovani registi di talento quale l’hongkonghese Soi Cheang (Mad Fate), il filippino Mikhail Red (Deleter) e il giapponese Daishi Matsunaga (Egoist, film già nominato agli Oscar nipponici e asiatici). Per quanto riguarda i coreani, da sempre al centro dell’attenzione dei selezionatori del Far East, sembra che il festival abbia voluto offrire una panoramica di genere decisamente ampia e stratificata, senza arrestarsi sui due filoni essenziali delle narrazioni mainstream dell’industria locale (cioè il thriller-action e il melodramma). Si spazia infatti tra la commedia sportiva (Rebound) e l’horror gotico (The Other Child) fino ad arrivare al noir in costume (The Night Owl) e alla romance a tinte fantastiche (Ditto). Una dichiarazione d’intenti tanto simbolica quanto esplicita, che potrebbe suggerire una chiara volontà dei selezionatori di mostrare l’eterogeneità produttiva di un’industria, oggetto per la prima volta dopo più di due decadi di una (momentanea?) battuta d’arresto sul fronte commerciale.

Come anticipato in apertura, questa 25ª edizione del FEFF vuole anche celebrare il proprio passato. Non è un caso che una porzione significativa della retrospettiva sia stata dedicata a Johnnie To, che con il suo A Hero Never Dies aveva trionfato nella primissima edizione del Festival udinese. Proprio l’autore di Hong Kong sarà tra gli ospiti più attesi della manifestazione, chiudendo simbolicamente un cerchio aperto ormai nel lontano 1999. Ma il regista hongkonghese non sarà l’unica personalità di spicco presente nella città friulana: a Chieko Baishō, la grande attrice del cinema giapponese nonché icona della filmografia di Yōji Yamada, sarà infatti consegnato il Gelso d’Oro alla Carriera. Un riconoscimento significativo, forse addirittura “ideale”, per come riflette in sé la missione stessa del Far East: cioè quella di esplorare le narrazioni mainstream delle principali cinematografie estremo-orientali. Del resto, poche artiste come Chieko Baishō hanno saputo catalizzare con il proprio carisma e la propria indole mélo il sentimento nazional-popolare della nazione che l’ha resa un’icona.

La 25ª edizione del Far East Film Festival sembra perciò muoversi senza alcuna soluzione di continuità tra passato e presente. Eppure, come già suggerito dal manifesto realizzato con il contributo della AI, il suo sguardo si proietta anche al futuro. Oltre a promuovere iniziative per il finanziamento di progetti panasiatici, il festival è ben cosciente che i fenomeni di fruizione audiovisiva convergeranno sempre più sui servizi di streaming. Non è un caso, allora, che il FEFF 25 abbia così rinnovato la sezione online, che consentirà agli accreditati di vedere per tutto il corso della manifestazione ben 22 lungometraggi, di cui 17 provenienti direttamente dal Concorso ufficiale. Insomma, tra sguardi sulle istituzioni del passato – nella retrospettiva troveremo opere-simbolo come Cure (1997) di Kiyoshi Kurosawa o Dust in The Wind di Hou Hsiao-hsien (1986) – e indagini su un presente-in-divenire, il Far East non è mai stato così trasparente nel ragionare esplicitamente sulla propria missione. Con la speranza che, in questo modo, i discorsi sul cinema dell’Estremo Oriente non restino confinati alle quattro mura del Teatro Nuovo. Ma che continuino a definire le logiche e le aspettative con cui gli spettatori italiani guardano a culture stratificate e distanti. Mai state così vicino.

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