FEFF19 – Kung Fu Yoga, di Stanley Tong

Jackie Chan torna in ottima forma. Il corpo dell’attore hongkonghese è ancora a disposizione di tutte le più spericolate magie marziali, prendendo dalla tradizione ma superandola e trasgredendola

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Jack (Jackie Chan) è un professore di archeologia al Museo dei Guerrieri di Terracotta di Xi’an. Insieme ai suoi due assistenti Xiaoguang e Nuomin viene invitato dalla bellissima professoressa indiana Ashmita a seguirla in India per cercare il tesoro perduto dell’armata reale dei Magadha. Ma dietro l’angolo è nascosto Randall discendente dell’esercito ribelli che vuole a tutti i costi impadronirsi del tesoro.

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Sono passati ben 12 anni e l’hongkonghese Stanley Tong torna a dirigere le istancabili forze del suo attore feticcio Jackie Chan. Uniti come non mai regista e performer si lanciano in questa operazione dai toni sgargianti, che dopo The Myth ripercorre ancora il ponte produttivo e l’intruglio kitsch narrativo di Cina e India, ripiombando nell’avventuroso mondo archeologico. Gong fu yu jia. Kung Fu Yoga. Il Kung Fu ovviamente non manca, perché sebbene Jack sia un professore di archeologia è anche la reincarnazione del potente guerriero Generale Meng Yi. E perché non unire le forze del Kung Fu alle doti spirituali della respirazione Yoga per essere capaci di nuotare in apnea per dieci minuti e più? I due scintillanti e folgoranti team, quello cinese e quello indiano, si uniscono quindi per trovare l’antico tesoro, avventurandosi nelle caverne di ghiaccio tibetane, fino alle ricche strade di Dubai per poi arrivare finalmente in India.

kung fuJackie Chan torna in ottima forma, e riesce ancora a far esplodere l’universo dei suoi calci e pugni, precisi e letali ma anche quasi perplessi, sempre improrogabilmente comici. Il corpo dell’attore hongkonghese è ancora a disposizione di tutte le più spericolate magie marziali, prendendo dalla tradizione ma superandola e trasgredendola. Nel mondo di Jackie Chan tutto è possibile e tutto è permesso, e se nel 1995 il terremoto hongkonghese sbarcava nel Bronx, ora lascia gli USA ma insieme al suo amico Stanley Tong ha ancora addosso i segni dell’immaginario americano. In Kung Fu Yoga sono ovviamente molteplici i rimandi a Indiana Jones, dal nome dal personaggio interpretato da Aarif Lee  (il cacciatore di tesori Jones) ai rimandi più dichiarati all’eroe spielberghiano. E il regista per dare ancora più colore ci butta in mezzo anche la Disney d’epoca d’oro, con un cattivo alla Jafar e caverne con diamanti magici, ma anche iene fameliche affamatissime. E di certo non può mancare il leone.

I colori sgargianti dell’India travalicano la loro scintillante naturalezza per farsi esagerazione pop totale, dove ciò che più va salvaguardato nel caso di Jackie Chan è l’aspetto comico e di conseguenza dissacrante di tutto ciò che gli accade intorno. Si salvano manoscritti ma si usano anche come armi improvvisate. Comici sono i personaggi che gravitano intorno al suo personaggio, donne bellissime ed eleganti che piangono e si impiastricciano. Tutto è permesso. Anche introdurre l’antica storia della dinastia Magadha, accaduta più di 1500 anni fa e rappresentarla sotto forma di videogioco.

Stanley e Jackie danno al pubblico tutto ciò che vuole. Pazzi e divertenti inseguimenti in macchina, palazzi con antichi nascondigli da scovare con arguzia. E lo spettatore inebriato da questo mix esotico brama una cosa più di tutte. E le due forze di Hong Kong non gliela negano…

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