FESTA FRANÇOIS TRUFFAUT – Adele H. – Una storia d'amore

Adele H.
Adele è il pre-cinema. È il magnifico quasi di tutto. Quasi teatro, quasi letteratura, quasi magia, quasi cinema. È il fascio di muscoli, carne, luce e lacrime che attraversa i secoli e i continenti e che il volto-corpo di Isabelle Adjani incornicia nel Mito. Adele H. è il nome più bello di sempre. Ed è il titolo del film che ognuno di noi avrebbe voluto girare nell’abisso delle nostre notti più malinconiche

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La storia d’amore più assoluta di tutte ne è probabilmente il requiem disperato. Nessuno sposerà la figlia di Victor Hugo, che nel film è uno dei tanti fantasmi evocati in fuori campo: un nome scritto su uno specchio e poi cancellato, una voce d’oltreoceano appena letta/immaginata/ascoltata, l’invisibile genio e l’ingombrante padre contro cui schierarsi, da cui allontanarsi e che inevitabilmente ci conduce alla domanda che racconta l’uomo, il critico e il cineasta: è sempre una questione di come combattere il cinema dei padri François? La (vera) vita di Adèle, il cui fascino fonetico e immaginifico sarebbe stato rievocato dall’ambiguo Kechiche trent’anni dopo, riadatta i diari quasi indecifrabili trascritti da Frances Vernor Guille e diventa materiale per quella che Serge Daney chiamava la versione Mr. Hyde di Truffaut: “il Truffaut-Hyde è (…) asociale, solitario, freddamente passionale, feticista. Ha tutto per far paura alle famiglie, perché le ignora completamente, occupato com’è a vivere passioni esclusive e private”. Nessuno sposerà la bellissima Adele che dall’Europa alle coste canadesi di Halifax fino alle Barbados seguirà la passione al di là del bene e del male e tornerà pazza in terra di Francia. Il tenente Pinson non la amerà nonostante le preghiere, le lettere scritte e convulsamente recitate davanti alla macchina da presa, nonostante il denaro, i supplichevoli baci e i morbosi ricatti. E nonostante l'avveniristica e avventurosa idea di viaggio (“Questa cosa incredibile che una ragazza varchi l’oceano, passi dal vecchio al nuovo mondo per unirsi al suo amante: questa cosa io la farò!”).

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Nel 1975 Truffaut si traveste da principe delle tenebre e anticipando di qualche anno il Nosferatu di Herzog immerge il suo melodramma nella gotica oscurità di un’eroina romantica dentro/fuori il suo tempo. La sua Adele nasce in una ignota terra di nessuno dove gli elementi fanno le prove generali per il più grande spettacolo del mondo. Adele è il pre-cinema. A cavallo di due mondi e altrettante epoche è la nebulosa astrale di un sentimento che trascende l’arte. È il magnifico quasi di tutto. Quasi teatro, quasi letteratura, quasi magia, quasi cinema. Adele è persino il quasi Amore. Il movimento ossessivo verso l’amante che nella negazione del cuore diventa frammento di un discorso amoroso. Adele è vita condannata alla morte riportata in vita. È il fascio di muscoli, carne, luce e lacrime che attraversa i continenti e che il volto-corpo di Isabelle Adjani incornicia nel Mito. Adele H. è il nome più bello di sempre. Ed è il titolo del film che ognuno di noi avrebbe voluto girare nell’abisso delle nostre notti più malinconiche.

 

Titolo originale: L'histoire d'Adeèle H.

Regia: François Truffaut

Interpreti: Isabelle Adjani, Bruce Robinson, Sylvia Marriot, Joseph Blatchely

Durata: 110'

Origine: Francia 1975

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