FESTA FRANÇOIS TRUFFAUT – Gli anni in tasca

A Truffaut non servono più abissi autobiografici o fascinazioni letterarie per catturare fugaci attimi di un’estatica verità del quotidiano proiettata direttamente sullo schermo del nostro passato, superando sovrastrutture personali o sociali, teoriche o filmiche, per farci riscoprire bambini incantati dai sogni più piccoli che si possano immaginare. I più belli

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Volevo dirvi che è perché conservo un brutto ricordo della mia gioventù e non mi piace il modo in cui ci si occupa dei bambini, che ho scelto questo mestiere: l’insegnate. La vita non è facile, è dura, ed è importante che voi impariate a indurirvi per poterla affrontare. Attenzione, non intendo nel senso di indurirvi il cuore, ma nel senso di temprarvi. Per una sorta di strano equilibrio coloro che hanno vissuto una giovinezza difficile sono meglio corazzati per affrontare la vita adulta rispetto a coloro che sono stati protetti o molto amati. È una specie di legge di compensazione. Un giorno avrete dei figli e spero che li amerete e che essi vi ameranno. A dire il vero, vi ameranno se voi li amerete. Altrimenti riverseranno il loro amore, il loro affetto e la loro tenerezza su altre persone o su altre cose. Perché la vita è fatta in modo tale che non si può fare a meno di amare ed essere amati”.

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Ci si potrebbe fermare qui, forse si dovrebbe farlo, ha già detto tutto il maestro Richet… è l’ultimo giorno di scuola e lui congeda così i suoi piccoli alunni prima del primo affaccio alla vita, delle estati fanciulle colme di amori e dolori, scoperte e sospiri. Insomma prima di spalancare quella sincera, furiosa, istintiva, protettiva e leggerissima finestra sul mondo come insegna(va) l’altro padre/maestro Andrè Bazin. E quel mondo non può che iniziare dall’infanzia, allora, perché i bambini hanno l’anima pura ma la pelle dura (si, La pelle dura doveva inizialmente chiamarsi questo film: la pelle dura dei bambini catturata dalla pelle dolce del cinema…), perchè sono resistenti a qualsiasi urto, sopravvivono persino a una caduta dal nono piano sussurrando sorridenti: “Gregory ha fatto bum”…

Buio in sala ora: gli anni in tasca inizia(no). La piccola Martine scrive una cartolina da Bruère-Allichamps, il centro esatto della Francia, indirizzandola verso Sud, nel paesino di Thiers, dove la scolaresca del maestro Richet popolerà il nostro film. Il padre di Martine si vede solo pochi frame sullo schermo, a bordo di un’auto, mentre fa un cenno di assenso: la cartolina può essere spedita e la piccola Martine sparire risucchiata da un’iride delle origini del cinema. Un padre interpretato da François Truffaut…eccolo allora lo scarto struggente tra questo bellissimo L'argent de poche e i primi film del ciclo Doinel: nel 1976 Truffaut è ormai un genitore/regista che guarda bonariamente i propri figli da lonano, li segue con la lente familiare del cinema che gli ha già salvato la vita, nell’intima e ormai pacificata consapevolezza che “per una sorta di strano equilibrio coloro che hanno vissuto una giovinezza difficile sono meglio corazzati per affrontare la vita adulta rispetto a coloro che sono stati protetti o molto amati”. Doinel, nel frattempo, è diventato il nostro caro maestro Richet: è il ciclo della vita, e la vita è il cinema, non è vero?

A Truffaut, insomma, non servono più abissi autobiografici o fascinazioni letterarie per catturare fugaci attimi di un’estatica verità del quotidiano proiettata direttamente sullo schermo del nostro passato, superando sovrastrutture personali o sociali, teoriche o filmiche, per farci riscoprire bambini sorridenti e incantati dentro un cinema o davanti alla meravigliosa madre del nostro miglior amico. Ecco: questo film è la voglia di estate di Truffaut. È la voglia di ri-cominciare dopo le passioni lancinanti dei capolavori maturi (Adele H e Le due Inglesi) facendo deflagrare quelle stesse coordinate tra i banchi di scuola, correndo per le strade, inseguendo i sogni più piccoli che si possano immaginare. I più belli. Gli anni in tasca è un concerto a più voci perennemente discordanti che trovano solo nel caos una loro intima e sublime coerenza: ricchezza e povertà, violenza e affetto, imbarazzo e solitudini, furtarelli e sorrisi, Truffaut de-scolarizza il cinema e ci getta fiducioso dal nono piano del suo palazzo facendoci ri-scoprire improvvisamente immortali. Anche noi abbiamo "fatto bum…”.


Poi arrivano le vacanze: i bambini che nei titoli di testa correvano sfrenati verso la scuola ora camminano lenti verso la vita.
E il piccolo Patrick, l’amante dei film, bacia la dolce Martine, che ama tanto le lettere… attimi di silenzio… Truffaut chiude il cerchio della sua memoria, l’iride delle sue origini, in quel singolo e magico frame che vorremmo sempre abitare: le nostre favole, i nostri baci rubati e le cartoline alle nostre infanzie. Perché nel lungo e difficile viaggio dall’enfant sauvage alla chambre verte “la vita è fatta in modo tale che non si può fare a meno di amare ed essere amati”. No. Non si può veramente aggiungere altro alle parole del maestro Richert. Ora buio in sala per favore, facciamo silenzio, l’amour en fuite…

 

Titolo originale: L'argent de poche

Regia: François Truffaut

Interpreti: Nicole Félix, Chantal Mercier, Jean-François Stevenin, Virginie Thévenet

Origine: Francia 1976

Durata: 104'

 

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