FESTA FRANÇOIS TRUFFAUT – L'ultimo metrò

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La Storia, Il Teatro e ancora l’Amore. Truffaut, nonostante abbia salutato il suo amico di sempre Antoine, decide anche con questa nuova pellicola di portare sul grande schermo una nuova parte di sè. Ritornando alle ambientazioni della sua infanzia il regista sceglie la storia de L'ultimo metrò per ribadire il significato fondante del suo Cinema: la nostra unica arma è amarci. 

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dernier-metro-1980-08-g.jpg (512×365)C'era una volta nella Parigi occupara dai nazisti. Permetteteci di parafrasare l'inizio di un famoso film di Tarantino per avvicinarsi a L'ultimo metrò.
Come la pellicola dalla rigida impostazione postmoderna del regista italoamericano (con le dovute proporzioni e con un diverso esito) il terzultimo film di Truffaut non pretende di essere un accurata ricostruzione di un "avvenimento storico" ma si presenta come una favola (o forse piece teatrale) in cui è rintracciabile il percorso coerente e ideologico della sua poetica e dove l 'anima dello stesso regista è rintracciabile in ogni fotogramma, in ogni battuta.
Siamo al Teatro Montmartre, nel pieno della seconda guerra mondiale. L'attrice-direttrice Marion (Catherine Deneuve) vive una situazione impossibile. La donna cerca, tra mille ostacoli, di portare in scena un testo scandinavo per salvaguardare la sicurezza di suo marito, commediografo ebreo, costretto a nascondersi nella cantina del teatro. Aiutata da una agguerrita compagnia e da un primo attore donnaiolo e carismatico (Gerard Depardieu) la donna realizzerà questo progetto sopravvivendo all'occupazione.
La Storia, Il Teatro e ancora l’Amore. Truffaut, nonostante abbia salutato il suo amico di sempre Antoine e sia uscito dalla sua vita in punta di piedi, decide anche con questa nuova pellicola di portare sul grande schermo una nuova parte di sè. Ritornando alle ambientazioni della sua infanzia (evidente l'immedesimazione con il giovanissimo attore presente sul palcoscenico) il regista sceglie questo scenario per ribadire il significato fondante del suo Cinema. L’ultimo metrò, infatti, non è solo l'mmagine malinconica e plastica del periodo più buio della storia francese, la metafora di un’occupazione spietata dove l’unico modo per resistere e mantenere la propria integrità di esseri umani e di popolo era aggrapparsi con tutte le proprie forze allo spirito immaginifico e libero del Cinema e del Teatro, prima di prendere l’ultima corsa verso l'arroganza di un coprifuoco imposto, nella desolazione delle proprie case-prigioni. Il film di Truffaut è soprattutto il grido forte e orgoglioso di chi non vuole accettare restrizioni, di chi crede che l'unica arma per affrontare la Vita e qualsiasi Orrore sia l'amore.
E' questo, ancora una volta, il senso profondo dell'opera di Truffaut. Nonostante il gustoso travestimento teatrale, il gioco divertente tra il citazionismo e i continui riferimenti meta-testuali da un'enorme testo teatrale, dove ognuno interpreta un ruolo e il finale ne è l'ultima palese e divertita ostentazione, il film conserva un suo modernissimo e universale messaggio. Truffaut, pur spostandosi in un'ambientazione di costume e usando grandi divi come Depardieu e la Deneuve, non tradisce la propria missione e indica la via di una lunga battaglia per la nostra vita e la nostra felicità, dove l'unica arma lecita è l'amare incondizionatamente. Come Antoine Doneil e il suo impossibile imparare a crescere, anche i protagonisti trovano nei propri sentimenti effimeri, nel toccarsi per pochi precari istanti, l'uniche resistenze alle ottusità dell'Esistenza. Momenti brevi e innocui che devono essere vissuti sempre e comunque.


Titolo originale: Le dernier métro
Regia: François Truffaut
Interpreti: Catherine Deneuve, Gérard Depardieu, Heinz Bennent, Jean Poiret
Origine: Francia 1980
Durata: 130'

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