Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina 19 – Khamsa, di Karim Dridi (Concorso Migliore Film Africano)

khamsa

ll tunisino Karim Dridi con Khamsa ritorna al cinema dopo dieci anni di televisione. Marco l’adolescente zingaro in perenne collisione con il potere costituito è disadatto anche all’interno del proprio mondo, non comprende lo strisciante razzismo che divide gli zingari dagli arabi. Un film tutto contenuto nelle due sequenze di apertura e chiusura, sintesi estrema di una vita vissuta controvento.

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ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco

F. De Andrè (Smisurata preghiera)

 

Marsiglia con le sue luminosità mediterranee, mentre da una parte ricorda le melodie di Serrat che svela il senso di un meridionale comune denominatore, dall’altra svela il suo volto tragico nel cammino doloroso di Marco (Khamsa che in arabo vuole dire 5) giovanissimo componente di una disfatta famiglia zingara. L’inizio del film lo accoglie in equilibrio sul cordone di un muro, metafora, in un film assolutamente esplicito, di una vita condotta  border line. Marco si arrangia, furti, scippi e combattimenti illegali di animali. Ma non è padrone della sua vita, compie queste attività delinquenziali per non uscire dal gruppo, per esserci, per ribellione. Il suo desiderio è quello di fare il fornaio e sfornare pane e dolci. E poi bisognerebbe averlo visto com’era felice quando suo padre, scapestrato donnaiolo privo di scrupoli, partendo gli lascia la roulotte e lui la rimette in ordine eleggendola a propria dimora. Segno preciso di una necessità di stabilità anche emotiva, ma senza desiderio di integrazione, tutt’altro, l’undicenne Marco resta un gadjo e il suo percorso è sempre in piena collisione con il potere costituito, sia esso rappresentato dai funzionari del servizio sociale o dalla polizia. 

Dridi ci accompagna all’interno di questo territorio zingaro diviso tra amore solidale e solidaristico malaffare, tracciandone con sicurezza le coordinate. Un terreno ricco di insidie, esposto al tradimento, dove il giovanissimo protagonista trova lo spazio per dimostrare tutto l’amore possibile per la nonna morente. Il campo rom o le occasionali dimore che trova mettono in luce la precarietà della sua vita. Dissidi etnici si insinuano tra i rapporti di questi adolescenti che si comportano da uomini, non c’è mai pace tra rom e arabi e il razzismo latente aggrava i rapporti tra le parti. Dridi, tunisino di nascita affronta con sicurezza e solare audacia il tema della complessità che deriva da questo film e al cui interno, un po’ spaesato, un po’ consapevole e un po’ malandrino ritroviamo il suo protagonista che sembra destinato, da una sorte cattiva e percorrere tutta la vita controvento come nella faticosa ultima sequenza che lo vede correre in salita mentre ai suoi piedi la multietnica Marsiglia quotidianamente sopravvive a questa dolorosa complessità.

 

 

 

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