Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina 19 – Loose Rope, di Mehrshad Karkhani (Concorso Lungometraggi)

Affidandosi ad un ennesimo mcguffin narrativo, dispositivo consueto nel cinema iraniano, Mehrshad Karkhani, in Loose Rope, nel concorso lungometraggi, ci racconta dell’amicizia tra i due cow boy protagonisti, ma soprattutto, con mano leggera ed efficacia narrativa, l’Iran di oggi e della sua inevitabile omologazione.

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Spesso la narrazione delle storie nel cinema iraniano sono affidate ad un mcguffin manifesto che funziona anche da dispositivo propulsivo della storia permettendo di delineare il profilo dei personaggi. Questo meccanismo può essere costituito da un’attesa (Il vento ci porterà via), una casa che non si trova (Dov’è la casa del mio amico), un bambino da affidare, un voto da raccogliere (Il voto è segreto), un pesciolino rosso (Il palloncino bianco), e da quant’altro affidato alla nostra memoria. Si tratta di un meccanismo narrativo autorigenerante che rende esausta la narrazione denervandola dalla consueta attesa del finale, per fare dirigere l’interesse dello spettatore piuttosto verso l’inciso narrativo costituito appunto dal mcguffin, più che verso il finale del film nella sua complessità. Non si discosta da questo indirizzo Loose Rope di Mehrshad Karkhani,nella rassegna milanese nella sezione del Concorso di lungometraggi.

In Loose Rope di Mehrshad Karkhani il mcguffin è una mucca. I due protagonisti sono cow boy alle prese con un credito da saldare, una mucca ribelle e le tradizioni religiose da rispettare. Per fare curare la mucca ferita da un veterinario, prima di consegnarla ad un loro creditore, vanno nella capitale, ma Teheran è una città piena di insidie. Il traffico e la disinvoltura dei suoi abitanti complicheranno la vita ai due simpatici protagonisti e alla povera bestia.

Karkhani, già fotografo e avvicinatosi al cinema anche grazie ad Amir  Naderi, si muove con agilità all’interno di una trama che la sua macchina da presa sa sciogliere con ironia e humor. L’amicizia e il contrasto tra le abitudini rurali e quelle cittadine emergono con estrema naturalezza proprio dal dispiegarsi della storia nella quale, pur restando al centro, per lo spettatore, il problema della mucca dissidente agli ordini dei padroni, si manifestano i problemi della convivenza per i due giovani amici cow boy nella città. Emergono le difficoltà di comunicazione, emergono le differenze nei rapporti, non emergono invece quelle differenze culturali che dovrebbero caratterizzare e differenziare un paese da un altro. L’apparizione della mucca in città suscita lo stesso interesse che altrove potrebbe suscitare e soprattutto da vita a comportamenti che non sarebbero diversi nelle città occidentali. Tutti a fotografare o farsi ritrarre insieme all’animale con i cellulari di ultima generazione. Un film nel quale Mehrshad Karkhani, con mano leggera ed efficacia narrativa, priva di retorica, ha voluto raccontare l’Iran di oggi, con l’occhio un po’ malinconico di chi guarda scomparire un mondo a favore di un’inevitabile omologazione globale che infetta anche un paese non disponibile all’innovazione come l’Iran, piuttosto che del povero animale che sarà sacrificato, dopo una corsa di libertà, tra le strade affollate della capitale.

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