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Dopo il pluripremiato Le vite degli altri e Der Baader Meinhof Komplex di Uli Edel, quest'ultimo presente in questo stesso festival come 'Fuori concorso', la Germania continua a ripercorrere il suo passato politico macchiato di sangue e ideologia. Un ex terrorista della RAF, Widmer, torna in libertà dopo aver scontato una pena di 22 anni per omicidio. Ad attenderlo ci sono una moglie, ex terrorista anch'ella, un figlio omosessuale che non ha mai conosciuto e soprattutto la giovane Valerie, vicina di casa con cui instaura un rapporto di amicizia, ma che in realtà cela un segreto tremendo che lo riguarda. Con più di un occhio al Polanski de La morte e la fanciulla, Connie Walther traccia un apologo sottilmente revisionista, dove i rapporti tra vittima e carnefice tendono a ribaltarsi presto.
Più un bianconero con timidi accenni cromatici, che un colore desaturato. E' il grigiore di un passato che riemerge nel presente affondando nelle lunghe ombre che i personaggi si portano appresso. Simulazione estetica non disprezzabile di un'autorialità militante anni '70, che però in Schattenwelt assume i contorni ingolfati di un'operazione programmatica e prevedibile, dove il dolore della storia degli anni di piombo è talmente ossessivo e crepuscolare da mancare il bersaglio per grossolanità e anemia di sfumature. Impressionante la visione "corrotta" dagli anni di Eva Mattes, attrice herzoghiana di Woyzeck e La ballata di Stroszeck.
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Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale

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