FESTIVAL DI ROMA 2010 – "Inge Film", di Luca Scarzella e Simonetta Fiori (SPECIAL EVENTS)

Luca Scarzella dimostra come talvolta in un documentario si possa felicemente lavorare per sottrazione, dosando bene il peso dei materiali d'archivio all'interno del suo film e lasciando, quando necessario, al volto e ai gesti della protagonista l'onore e l'onere di far procedere il racconto. Un film semplice ed essenziale che si serve dei toni distesi di una conversazione domestica per tracciare il ritratto – o, meglio, l'autoritratto – di Inge Schoenthal Feltrinelli

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Non un racconto biografico, ma un album di fotografie da sfogliare. Un libro di ricordi, di storie e di volti, tutti parte di un flusso ininterrotto di memoria, tanto lucido quanto sincero. Questo è il film di Luca Scarzella e Simonetta Fiori, un’opera semplice ed essenziale che mette al suo servizio i toni intimi e distesi di una conversazione domestica per tracciare il ritratto – o, meglio, l’autoritratto – di Inge Schoenthal Feltrinelli.

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L’infanzia in Germania, la guerra – vissuta in una condizione “privilegiata” per stessa ammissione della protagonista -, l’intraprendenza, l’ostinazione a non rinchiudersi in uno sterile provincialismo, il desiderio di allargare i propri orizzonti, il viaggio oltreoceano, i reportage fotografici, l’approdo in Italia e l’incontro con Giangiacomo Feltrinelli. Ecco tracciate le tappe di un’esistenza fuori dall’ordinario che negli anni ha incrociato il proprio percorso con quello di uomini e donne che hanno fatto la storia del ‘900; personaggi dei quali Inge Feltrinelli restituisce – talvolta – un’immagine decisamente sopra le righe, come quella di Ernest Hemingway immortalato ubriaco e disteso sul pavimento di casa sua, o quella di Fidel Castro in pigiama, per una volta spogliato dalla consueta divisa militare. Tanti micro-racconti, dunque, che costantemente si intrecciano con il racconto della sua vita che, per buona parte del film, ruota ovviamente intorno a una figura decisiva che si erge tra le altre, quella di Giangiacomo Feltrinelli. Inge – da abile fotografa – restituisce allo spettatore tutta l’importanza del loro incontro attraverso l’illuminante metafora del “momento decisivo” di Cartier-Bresson. Un incontro fulminante che darà il via ad una lunga serie di momenti felici e di soddisfazioni, ma anche a tante incomprensioni e divergenze di natura etico-politica che lentamente faranno aumentare la distanza tra loro fino alla tragica e misteriosa morte dell’editore milanese; un evento sul quale la protagonista non si dilunga, limitandosi a manifestare il proprio irriducibile scetticismo nei confronti di tutte le ipotesi avanzate negli anni.

Eppure, la stima e l’ammirazione di Inge per Giangiacomo traspaiono da ogni sua riflessione. La sua descrizione di un uomo e un imprenditore (troppo) moderno, capace sempre di anticipare i tempi e fermamente convinto della necessità di una politica capace di valorizzare il ruolo della cultura nella società italiana non lascia spazio ad equivoci, e ci costringe a guardare, attraverso la lente del passato, ad un amaro presente che giorno dopo giorno relega sempre più in basso la cultura e preferisce ostentare con orgoglio l’angosciante ignoranza che trasversalmente investe tutti gli strati sociali del nostro Paese. Ma questa è un’altra storia.

Onore, infine, al lavoro di Luca Scarzella, che dimostra come talvolta in un documentario si possa felicemente lavorare per sottrazione. Il regista maneggia, infatti, con cura i preziosi – e spesso inediti – materiali d’archivio e dosa bene il loro peso all’interno del film, comprendendo quando un passo indietro si rivela necessario e indispensabile per lasciare al volto e ai gesti di Inge l’onore e l’onere di far procedere il suo racconto o, meglio, il suo film.

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