FESTIVAL DI ROMA 2010 – "My name is Khan" di Karan Johar

my name is kahn Il re di Bollywood Shah Rukh Khan al Festival del Film di Roma ha incontrato il pubblico dell’Auditorium e le fans in semi-delirio e ha parlato di tolleranza e di dialogo tra le religioni, tema principale di My name is Khan. La storia dell’immigrato musulmano indiano affetto da autismo nell’America del dopo 11 settembre è stata presentata tra gli Eventi Speciali

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my name is kahn Accolto sul red carpet da urla festanti, tra balli, fiori e colori della sua terra, Shah Rukh Khan è arrivato ieri sera a Roma per presentare l’ultimo film di cui è protagonista, My name is Khan diretto da Karan Johar e distribuito dalla Fox. L’attore, famosissimo nel suo Paese dove è considerato una sorta di gloria nazionale, si è intrattenuto con il pubblico prima della proiezione del film e ne ha introdotto il tema centrale; il dialogo tra religioni e l’assurdità dei conflitti inter-etnici che sono ancora all’ordine del giorno nella sua terra così come nell’Occidente industrializzato.
La trama ruota intorno alla storia di Rizwan Khan, ragazzo autistico che alla morte della madre lascia l’India per raggiungere gli Stati Uniti dove vive il fratello, che nel frattempo si è integrato e ha fatto fortuna. La sindrome di Asperges, forma lieve di autismo, lo rende naif e accattivante agli occhi di Mandira, bella parrucchiera induista divorziata, che vive a San Francisco dove incontra Rizwan. I due si sposano e  sono felici fino all’11 settembre, quando il Mondo cambia all’improvviso e qualcosa tra loro due si spezza. Mandira scappa da Rizwan che, confuso e arrabbiato, comincia un viaggio attraverso l’America per raggiungere Washington, andare alla Casa Bianca, incontrare il Presidente Bush e dargli questo messaggio: “Mi chiamo Khan e  non sono un terrorista”.
Più di vent’anni dopo Rain Man e più di quindici dopo Forrest Gump il cinema, stavolta non hollywoodiano ma bollywoodiano, reinventa la figura classica del naif con qualità eccezionali, del diverso che ha qualcosa da insegnare a tutti. Qui in particolare l’autismo del protagonista si intreccia al tema del terrorismo e del terrore post-2001. Khan, indiano musulmano, dal suo parziale isolamento, non riesce a capire e non sopporta le logiche strampalate di un mondo in cui essere fedeli all’Islam è diventato all’improvviso sospetto. Capisce qualcosa che molti di noi altri normali non sono stati in grado di capire, è il messaggio.
Abbandonati gli abiti fiammeggianti, i fiori colorati, i ballerini e le coreografie tipiche e ormai celebri di Bollywood che lo hanno portato al successo, Shah Rukh Khan si immerge diligentemente nel nuovo ruolo, dimostrando di aver studiato attentamente le mosse dei suoi predecessori Dustin Hoffman e Tom Hanks. Il risultato è alquanto pasticciato e petulante, ma tutto sommato più che dignitoso. My name is Khan è certamente un film affettato nella sua semplicistica tesi e nell’altrettanto scontata messa in scena, ma non è privo di momenti gradevoli. Spettacolarizzare l’impegno sembra essere l’intento del regista Karan Johar, che in questo ha raggiunto l’obiettivo. Sfacciatamente furba la mossa di costruire tutto intorno alla super star Khan, protagonista assoluto e strabordante, che con il personaggio interpretato condivide anche il cognome. 
Piacerà sicuramente agli amanti del genere, ai numerosi fans e soprattutto alle numerose fans italiane di Khan.
Un’ironica coincidenza. Pare che durante la promozione del film, mentre era in viaggio Khan sia stato per errore fermato e interrogato all’aeroporto di Newark perché il suo cognome, che poi è, appunto, lo stesso del personaggio, era in una lista di nomi di sospetti terroristi.

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