FESTIVAL DI ROMA 2011- "148 Stefano. Mostri dell'inerzia" di Maurizio Cartolano (Eventi Speciali)

Può uno Stato che si dice di Diritto non vigilare sulla vita di un cittadino quando è in arresto e dunque più che mai sotto la sua tutela? La vicenda di Stefano Cucchi è un'amara e insensata risposta. Maurizio Cartolano la ricostruisce con un documentario che alterna sapientemente vari linguaggi visivi, riuscendo a dare concretezza all'interrogativo dei famigliari di Stefano, che, a due anni dalla morte del ragazzo, sono ancora in attesa di sapere come e perché questa sia avvenuta

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Due anni fa, il 22 ottobre del 2009, Stefano Cucchi moriva, a 31 anni, nel reparto Medicina Protetta dell’Ospedale Sandro Pertini di Roma, dov’era ricoverato in stato d’arresto.

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Negli ultimi sei giorni di vita, e cioè dal giorno dell’arresto per droga al parco degli Acquedotti di Roma a quello della morte, a lui e ai suoi familiari sono stati negati tutti i diritti. Le cause della morte di Stefano sono tuttora da accertare.

148 Stefano. Mostri dell’inerzia è un documentario sociale con una struttura narrativa ad incastro. I convenzionali primi piani dei testimoni – il papà di Stefano e, soprattutto, Ilaria, la sorella – e di coloro che si sono occupati della vicenda del ragazzo si alternano a sequenze in rotoscope che ricostruiscono la storia della morte di Stefano. La videografica con la suggestione dei colori e delle linee sfigura la realtà per rifigurarla in un territorio suggestivo in cui, anche grazie al tappeto sonoro delle voci fuori campo, lo spettatore è testimone e partecipe delle ricostruzione.

Il rischio di ricorrere alla facile e funzionale descrizione della vita difficile di un ragazzo fragile è dietro l’angolo, e talvolta appare pericolosamente vicino, ma Cartolano non cede a quella che sarebbe una strada troppo prevedibile.

Più che documento accusatorio, 148 Stefano è una domanda. Ricostruita, attraverso il montaggio. Sembra un eco che rimbomba e incombe su quei sei ultimi giorni dell’ottobre 2009. Quando i fatti sono avvenuti, appunto, nell’ottobre del 2009, nei penitenziari italiani erano già morte 147 persone. Stefano Cucchi, a 31 anni, è stato la centoquarantottesima.

Sono passati due anni e nessuno, né il papà, né la mamma e né la sorella, sa come e perché sia morto. Nel frattempo il numero dei morti di carcere è continuato a crescere.

Prodotto dal Fatto Quotidiano e da Ambra Group, con il patrocinio di Amnesty International. Claudio Santamaria legge i brani tratti dalle lettere di Stefano.

 

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