FESTIVAL DI ROMA 2012 – “Carlo!”, di Gianfranco Giagni e Fabio Ferzetti (Prospettive Italia)

Carlo!
La tentazione di marcare sottolineature di montaggio e di commento alle immagini dei film di Verdone rischia di appesantire l’operazione che finisce con l’essere poco interessante – anche perché si ha la sensazione che vengano sfiorati e mai affrontati di petto alcuni “fantasmi” verdoniani. Carlo! funziona soprattutto nel materiale di repertorio proposto e in alcuni brevi frammenti di filmati amatoriali i quali infrangono la meccanicità del documentario intervista per recuperare momenti di intimità che sono le cose più vere del film

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Carlo Verdone in Carlo!Una sedia vuota all’interno di uno studio buio illuminato da un fascio di luce proveniente dall’alto. In questa soluzione teatrale, quasi cabarettistica entra in scena l’uomo-personaggio Verdone che racconta ai suoi intervistati aneddoti sulla sua vita privata e artistica. Realizzato da Gianfranco Giagni e dal critico cinemtografico Fabio Ferzetti Carlo! è un documentario celebrativo sulla figura dell’ attore e regista comico romano che unisce materiale di repertorio proveniente dalla sua filmografia (e dai suoi celebri sketch televisivi)  a un’ampia parte di intervista a Verdone stesso con l’aggiunta di contributi di amici, collaboratori, attori e giornalisti. Ampia porzione del lavoro si concentra sulle qualità mimetiche del cinema verdoniano, sottolineando un rapporto quasi morboso tra l’autore di Un sacco bello e la realtà, che diventa costantemente fonte di ispirazione.  Verdone si relaziona con le sue origini famigliari, il suo passato, le sue abilità artistiche e la sua insicurezza, emergono elementi sulla vita privata che hanno soprattutto a che fare con la famiglia, il rapporto stretto recuperato con i figli (che il regista confessa di aver riscoperto soprattutto nei tre anni di pausa artistica successivi alla realizzazione di C’era un cinese in coma), il legame amorevole e allo stesso tempo carico di rispetto autoritario nei confronti dei genitori (soprattutto la figura paterna del critico Mario), un rapporto con il proprio passato carico di malinconia. Ne emerge la figura di acuto osservatore e riproduttore di vizi e virtù italiane nella più classica tradizione della commedia all’italiana anni ’50 e ’60, con lo stesso Verdone che, contraddicendo in parte la proverbiale influenza di Sordi nel suo cinema, segnala i suoi riferimenti artistici in straordinari comprimari di lusso come Leopoldo Trieste e nel cinema di Pietro Germi. C’è probabilmente troppo voglia di raccontare Verdone in Carlo!. La tentazione di marcare sottolineature di montaggio e di commento alle immagini dei suoi film rischia di appesantire un’operazione che finisce con l’essere poco interessante – anche perché si ha la sensazione che vengano sfiorati e mai affrontati di petto alcuni “fantasmi” verdoniani. Carlo! funziona soprattutto (ovviamente aggiungiamo) nel materiale di repertorio proposto e in alcuni brevi frammenti di filmati amatoriali i quali infrangono la meccanicità del documentario intervista per recuperare momenti di intimità che sembrano le cose più vere del film: un divertente scherzo del padre Mario durante un’intervista fatta a entrambi, l’incontro con Bernabucci in occasione del casting di Compagni di scuola e soprattutto l’immagine del grandissimo Massimo Troisi durante una festa di compleanno. “Che fine che hai fatto. Non riesci neanche più a spegnere le candeline” dice a Verdone. Piccolo film nel film interessante ma sfumato. Messo da parte.

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