FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Il passato nel presente": incontro con regista e cast di "La scoperta dell'alba"

La scoperta dell'alba

Grande presenza di ospiti all'incontro per La scoperta dell'alba, il secondo lungometraggio di Susanna Nicchiarelli (Cosmonauta), tratto dall'omonimo libro di Walter Veltroni. Oltre alla regista, qui anche in veste di attrice, arrivano in sala Petrassi i protagonisti, Margherita Buy e Stefano Rubini, il produttore Domenico Procacci (Fandango) e Paolo Del Brocco di Rai Cinema.

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La scoperta dell'albaGrande presenza di ospiti all'incontro per La scoperta dell'alba, il secondo lungometraggio di Susanna Nicchiarelli (Cosmonauta), tratto dall'omonimo libro di Walter Veltroni. Oltre alla regista, qui anche in veste di attrice, arrivano in sala Petrassi i protagonisti, Margherita Buy e Stefano Rubini, il produttore Domenico Procacci (Fandango) e Paolo Del Brocco di Rai Cinema.

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Al suo secondo lungometraggio, preferisce di nuovo parlare del presente attraverso il passato, in particolare di una certa storia d'Italia.

Nicchiarelli: Il cinema ha la grandissima capacità di permettere di ricostruire epoche che non esistono più e farle convivere con il presente. Mi affascina vedere il passato e ricostruire il ricordo attraverso personaggi e luoghi. Così si possono anche dare spunti di riflessione per il pubblico che vede il film, proprio grazie al passato,

Questo film ha qualcosa della sci-fi, c'è lo stesso personaggio in due epoche diverse che dialoga con se stessa attraverso una telefonata. Si potrebbe dire che è quasi un film di genere, seppure non cede del tutto a esso.

Nicchiarelli: Da tempo cercavo soggetti fantastici e, quando Domenico mi ha suggerito di leggere il libro, sono rimasta colpita perché è una storia da film americano. Ricorda un po' Ai confini della realtà degli anni '80, i film di Spielberg o Ron Howard di quell'epoca. C'era anche un episodio di Ai confini della realtà con Bruce Willis che si telefona proprio come la nostra protagonista. Ho leggermente cambiato il libro per renderlo mio e poi lo abbiamo sottoposto a Veltroni. Quest'epoca mi affascinava particolarmente perché l'inizio degli anni '80 è un momento di passaggio, dagli anni di piombo alla spensieratezza che ha caratterizzato questo decennio.

Com'è stato per voi attori l'approccio con questo film?

Buy: Ho dei ricordi di quel periodo, anche se la mia vicenda personale è diversa da quella del personaggio. Roma in quel periodo era molto diversa da adesso, c'era una sensazione di grande paura, avvenimenti che hanno strutturato quello che siamo adesso. La vicenda del personaggio è dolorosa – ha perso il padre da piccola – ed è vissuta attraverso alcuni ricordi. Poi è stato affascinante parlare con me stessa.

Rubini: Avevo già partecipato a Cosmonauta e quando l'ho visto sono rimasto molto colpito dalla capacità di Susanna di raccontare in maniera personale le sue storie. Pensavo fosse naturale che mi chiamasse di nuovo (scherza l'attore, n.d.r.). Poi Susanna e Domenico mi hanno chiamato e ho ritrovato lo stesso clima del primo film. Per quanto riguarda la storia, in Italia il revisionismo è pericoloso e diffuso, invece bisogna fare i conti con la nostra Storia seriamente e credo che Susanna, da giovane, ci sia riuscita.

Procacci, come è nato il progetto?

Procacci: L'idea di proporre il progetto a Susanna si è rivelata buona. C'erano varie cose del romanzo che mi piacevano, in particolare il cortocircuito temporale che porta quasi a una detection.

Susanna NicchiarelliIn questo film, oltre che essere regista recita anche. Come è nata questa necessità? E com'è stata questa esperienza?

Nicchiarelli: Divertente, ma faticosa, soprattutto rivedersi in fase di montaggio. Non ci si piace mai, specie fisicamente. Ho voluto recitare in questo film per renderlo più mio e poi è divertente ritrovare le noi da piccole. Ho lavorato sui ricordi personali così da partecipare ancora di più. E poi quando ho incontrato Anita, che interpreta me stessa da piccola, mi ha colpito per il carattere simile al mio. La vedevo camminare sul set e vedevo me stessa.

E per lei, signora Buy, com'è stato trovare se stessa da piccola?

Buy: Una cosa strana. Anche perché non incontro mai la me da piccola, ci parlo solo al telefono e quando giravamo le scene neanche c'era la voce dall'altra parte. Immaginavo di parlare con la vera me da piccola e così si mette in gioco ciò che si è.

Come ha reagito Veltroni ai cambiamenti del libro e quali sono stati?

Nicchiarelli: Ho scritto un soggetto in cui già erano presenti i cambiamenti. Lo abbiamo sottoposto a Veltroni, al quale è piaciuto moltissimo. Lui non ha avuto alcun ruolo attivo nelle scelte, seppure si è sempre informato su come stavano andando le riprese. Per quanto riguarda i cambiamenti, ho modificato innanzitutto il protagonista, non più un uomo, ma una donna. Il dialogo al telefono è stato strutturato in modo tale da diluire colpi di scena e risvolti visto che nel libro è un vero e proprio monologo interiore. Ho dato alla protagonista una sorella per permettere una maggior interazione. E poi ho voluto dare maggior leggerezza alla vicenda personale della protagonista nel presente. Nel libro, il protagonista è in un matrimonio in crisi e ha una figlia down. Ma qua, anche per il fantastico, come nei miei modelli anni '80, c'era bisogno di una maggior leggerezza. Ho scelto di parlare di una coppia senza figli, che è una cosa che si vede poco al cinema, ma è una realtà importante. Qui la crisi non nasce dai problemi con i figli, ma solo perché si amano, ma non si ascoltano.

Qual è l'importanza che lei dà al passato, parlandone attraverso il presente, e quanto ricorda di esso? 

Nicchiarelli: Quando si fa un film si lavora sulle emozioni e i ricordi, è sbagliato partire da un'idea preconfezionata. Si lavora sul vissuto. Ho cercato di mettere la paura di quegli anni, soprattutto che succedesse qualcosa ai miei, in questo film. Soprattutto attraverso le immagini poiché si ricorda sempre così. Le immagini in TV, il rumore degli elicottere, per esempio. La storia è quella di una crescita. Si capiscono cosa che allora non si capivano quando si è più grandi. Come il ruolo che i genitori hanno in società. Quella è un'epoca che rappresenta una ferita ancora aperta, ma in questo caso non ho voluto far passare teorie o domande, quanto una necessità di porsi queste domande, di un'elaborazione sia in privato nel collettivo. 

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