FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Populaire", di Regis Roinsard (Fuori concorso)

populaire

Quasi un cinema da vecchio artigianato con una sceneggiatura solida, dialoghi taglienti, felice ricreazione d'atmosfera d'epoca che si regge sulle spalle esperte di Romain Duris (quasi attore fuori dal tempo da commedia sofisticata) e sulla sorprendente Déborah François. Ma anche con la velocità e l'immedesimazione di un film sportivo e una nostalgia molto più autentica dello (s)pompato The Artist

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populaireNon è revisionismo né omaggio cinefilo. Il cinema francese che torna a guardare il suo passato attraverso la commedia sentimentale sembra avere una marcia in più. Proprio perché, più dei modelli (forse i film con Rock Hudson e Doris Day) contano più la struttura e l'atmosfera. Dopo Le donne del 6° piano anche Populaire (ancora più superiore) punta su una sceneggiatura solida, su una ricreazione degli ambienti che caratterizzano l'epoca (le foto di Marilyn e Audrey Hepburn) sul muro e soprattutto su colori accesi, con delle tinte forti, esaltando quasi di dipingere la propria immaginazione come riesce a fare bene il film di Regis Roinsard, al primo lungometraggio dopo i corti Simon e Belle, enfin possibile.

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Ambientato nella Primavera del 1958, il film ha come protagonisti la giovane Rose Pamphyle che parte dal suo paesino in Normandia per andare a lavorare come segretaria per Louis Echard, titolare di un'agenzia di assicurazioni. Il colloquio non va bene ma lui la assume lo stesso a patto che la ragazza partecipi a delle gare di velocità dattilografa.

Quasi un cinema da vecchio artigianato quello di Populaire, titolo che fa riferimento a una nuova macchina da scrivere da lanciare sul mercato, ma dietro c'è altro ancora. Oltre a dialoghi taglienti ("Questa macchina è stata pensata per una donna e non per un elefante"), il film gioca abilmente con disinvoltura a creare situazioni ambigue, attrazioni inevitabilmente fatali però ritardate e non si vergogna di essere neanche così amabilmente prevedibile, arrivandoci però con situazioni che vengono accennate, mostrate, ripetute. Pieno di felici frammenti (Rose che cade dalla bici e Louis che la soccorre), si regge certamente sulle spalle esperte di Romain Duris (quasi attore fuori dal tempo da commedia sofisticata, caso rarissimo nel cinema europeo), delle precise caratterizzazioni nei ruoli secondari come Bérénice Bejo e della sorprendente Déborah François (protagonista di L'enfant dei fratelli Dardenne e di Student Services) nei panni di Rose. Dietro ci sono gli echi della guerra, le ferite oscure che non prendono per fortuna mai il sopravvento ma che sono efficaci proprio per il loro restare in superficie.

La nostalgia vera è molto più autentica in Populaire che in esempi (s)pompati come The Artist. E qui si infiamma nel segno della velocità, nel commento sonoro dei ticchettii dei tasti che battono a macchina. Con la velocità e l'immedesimazione di un film sportivo che si mescola, qui sì davvero invece che nel film di Hazanavicius, con quell'interazione e sul ribaltamento del rapporto tra star famosa e attrice emergente di A Star Is Born. Tutto molto meno dichiarato, forse inconsapevole. Per questo più coinvolgente e divertente.

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