FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Razzabastarda", di Alessandro Gassman

Razzabastarda è tratto da una piece di Reinaldo Povod, che ebbe l'onore di essere interpretata da Robert De Niro. La sua diffusione italiana si deve ad Alessandro Gassman, che l'ha portata anche al cinema e le ha regalato una grande performance in un ruolo che l'attore conosce a perfezione. La questione di fondo è un'altra: il film può fare a meno dei suoi attori? Il coraggio della storia, il bianco e nero e l'ambientazione di Latina vengono sacrificate in nome di un'impeccabile parata di bravura teatrale

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Razzabastarda ripropone un equivoco da cui il cinema italiano fa fatica a liberarsi: il film di Alessandro Gassman è tratto da Cuba and His Teddy-Bear, una piece teatrale di Reinaldo Povod che nel 1986 arrivò a Broadway ed ebbe l'onore di essere interpretata da Robert De Niro. La versione italiana è stata adattata dall'attore/regista e da Vittorio Moroni: la sceneggiatura non ha alleggerito l'impostazione da palcoscenico e soprattutto non ha chiarito la questione di fondo. E' possibile fare un film solo a partire dagli attori? Non si può discutere il coraggio di essersi dedicati ad un soggetto simile e la decisione di tradurre la storia nella comunità romena è particolarmente stimolante. L'intreccio originale era ambientato tra i portoricani di New York: il loro epigoni dell'est europeo hanno le stesse solide tradizioni e la stessa ritualità ancestrale, che resistono alle convenzioni della società in cui vivono. Roman è uno spacciatore che venera una versione zingara della Vergine e si circonda di superstizione: il suo pusher straccione è sfaccettato e oscilla tra una generosità invadente verso il figlio adolescente e una brutalità istintiva e animalesca nella gestione degli affari. Il ragazzo cerca di affrancarsi dalla sua eccessiva protezione, è tentato da un desiderio di fuga ma è anche trattenuto dai pericoli dell'ambiente e del degrado in cui vive. Razzabastarda dovrebbe essere la storia della sua sofferta crescita e il film è una versione romana di Guida per riconoscere i tuoi santi di Dito Montiel: le buone intenzioni si scontrano con le abitudini di un cinema che si affida completamente agli attori. Alessandro Gassman ha portato la parte in teatro talmente tante volte che il ruolo gli riesce naturale e la sua interpretazione è così sopra le righe da restare sospesa tra il realismo e la macchietta. E' quello che capita a tutti i personaggi che suo figlio incontra lungo la sua strada per l'indipendenza e l'emancipazione: lo squallido guru che lo plagia, lo zio che cerca di mediare tra lui e il padre, l'avvocato che dovrebbe aprirgli le porte della riscatto sociale… La recitazione conta più della messa in scena, che pure offre delle intuizioni felici: il bianco e nero ricorda L'odio di Mathieu Kassovitz e il panorama di Latina sarebbe abbastanza deprimente da essere credibile. Il film non può e non vuole osare di più: l'attrazione del giovane verso la prostituta Dorina potrebbe aprire la storia verso la disperazione di una salvezza impossibile. Il potenziale di questa strada viene appena accennato e ridotto ad uno scambio di sguardi che alimentano solo il rimpianto: non si può rimproverare ad Alessandro Gassman di non averci provato. Razzabastarda non si fida di se stesso e torna sempre indietro su un terreno più sicuro: una parata di talento teatrale.

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