FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Spose celestiali dei mari di pianura", di Aleksei Fedorchenko (Concorso)

spose celestiali dei mari di pianura

Il racconto, già esile in Silent Souls, qui si perde completamente, esplode in frammenti che sono poco più che una traccia, una suggestione, un lampo. Ogni frammento, una donna, una bambina, una sposa, una vedova, un'adolescente. Hanno tutte un nome che inizia per O, lettera con un buco al centro, grembo schiuso per un attimo, per sempre, alla vista

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spose celestiali dei mari di pianuraEst e magia. C'è sicuramente un interesse etnografico al fondo del cinema di Aleksei Fedorchnenko, che, dopo l'affermazione internazionale di Silent Souls, continua a perlustrare a modo suo il lato interno, ancestrale delle culture e delle tradizioni russe in una sorta di ricognizione e classificazione antropologica. Ancora una volta al suo fianco lo scrittore e sceneggiatore Denis Osokin, che tra l'altro interpreta l'uomo che legge al pubblico la storia del suo amore in quello che è tra gli episodi più commoventi del film. Una fedeltà di metodo che sottolinea proprio la continuità di un lavoro di esplorazione, di dissotterramento (morti che resuscitano e che riconducono i vivi alla madre terra), di svelamento (delle nudità).

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Il racconto, già esile in Silent Souls, qui si perde completamente, esplode in frammenti che sono poco più che una traccia, una suggestione, un lampo. Ogni frammento, una donna, una bambina, una sposa, una vedova, un'adolescente. Hanno tutte un nome che inizia per O, lettera con un buco al centro, grembo schiuso per un attimo, per sempre, alla vista. Ma nessuna di queste donne diviene un ritratto: ogni contorno si perde, sfuma nel disegno complessivo di una terra e di un popolo, quello dei mari, stanziato nelle pianure intorno al Volga, a est del bassopiano sarmatico. E sebbene la durata dei frammenti vari, dalle istantanee, in cui viene a mancare qualsiasi ipotesi di racconto (e si arriva al limite dello scherzo, la donna che confronta i funghi alle doti del marito, tre vecchie davanti a un patè di lepre che ricordano i bei tempi andati) alle tracce un po' più lunghe e articolate, il ritmo rimane pressoché identico, cadenzato in un passo e in un respiro lungo.

 

Il cinema di Fedorchenko sicuramente ha il fascino di una distanza incolmabile, di un'alterità irriducibile, dovute però più alla "realtà" inquadrata, che all'effettiva originalità di stile, sempre sospeso tra il richiamo evocativo dei paesaggi e la concretezza piena e sensuale dei corpi. Ma questa maniera appare qui, ancor più che in Silent Souls, funzionale al suo oggetto, dove il sacro e il profano sono in un rapporto costante di attrazione e conflitto, dove San Pantaleone abbraccia lo spirito della Grande betulla, dove le mille divinità di cui si anima la natura raccontano sempre lo stesso ciclo di nascita, vita e morte. Ma il fascino di questo Spose celestiali sta nel seguire passo dopo, lo slittamento lento e profondo di uno sguardo che scivola verso derive sempre più concrete, materiche, terrene, ironiche. Uno slittamento cui sembra sottoposi anche il tempo, nonostante la sua irregolarità indecifrabile, la sua assoluta non linearità. Frammento dopo frammento, il libro segreto dei morti e dei vivi diventa un grande inno al Sesso (femminile), un porno interrotto in potenza o mostrato nei suoi semplici resti e una dichiarazione d'amore struggente. Il desiderio e il sentimento, l'ansia dell'appartenenza e la malinconia della perdita, la carne del demonio e la benedizione divina, il verso del chiurlo e il suono del tubi. La vita e la morte in una terra fertile sepolta sotto la coltre di neve. Lacrime, maledizioni e sangue, fino a un'altra bella stagione, un'altra ragazza in fiore. Un mondo in pace.

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    Un commento

    • Oh finalmente una recensione conciliante..suggestioni critiche che mi fanno sperare in una prossima uscita del film in sala..:-PGRAZIE!