FESTIVAL DI ROMA 2012 – “Strings”, di Rob Savage (Alice nella città)

strings
Al suo primo lungometraggio, Rob Savage rimane in ascolto delle tormentate storie interiori dei suoi quattro giovani protagonisti, cercando di sovrastare il rumore della superficie delle nostre realtà, con il dolce e tormentato suono di corpi che si rincorrono, s’incontrano e si perdono per ritrovarsi ancora, in una danza silenziosa e senza fine
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stringsCosa ci fa muovere, piangere e cadere, cosa ci fa desiderare e soffrire, fino a gridare contro il cielo tutta la rabbia intraducibile dei nostri sogni? Strings, legami. I legami troppo stretti imposti dal passato, come la foto della madre, che Grace custodisce a faccia in giù nella sua stanza, che si avvolgono, quasi fossero un corda, attorno al nostro collo e ci tolgono il respiro. I legami dell’amore, il primo amore, che ci fanno una paura dannata e allo stesso tempo ci salvano, anche solo per un attimo, dalle nostre solitudini di adolescenti. E ancora quei legami che ci fanno male, ma dai quali non possiamo ribellarci, non importa quanta forza proviamo ad impiegare per romperne i fili che controllano i nostri movimenti. Eppure sono i legami a farci andare avanti, a farci sentire così vivi e veri. Al suo primo lungometraggio, Rob Savage rimane in ascolto delle instabili storie interiori dei suoi quattro giovani protagonisti, cercando di sovrastare il rumore della superficie delle nostre realtà, con il dolce e tormentato suono di corpi che si cercano, s’incontrano e si perdono per ritrovarsi ancora, in una danza silenziosa e senza fine. Rob Savage guarda al gioco indeciso di due coppie, Grace e Jon, Scout e Chris, per descrivere sullo schermo le evoluzioni emotive di chi sta ancora cercando un centro, un equilibrio al quale aggrapparsi per non cadere nel vuoto.
Girato con un budget di sole tremila sterline, Strings è un viaggio sensoriale fatto della materia stessa di quelle emozioni che non riusciamo mai decifrare fino in fondo, ma che ci attraversano lo sguardo e ci riempiono cuore facendoci oscillare come spighe al vento, mentre cerchiamo, davanti ad uno specchio, di ritrovare la nostra immagine. Con un’immediatezza priva di filtri, tanto che Rob Savage può anche allargare l’inquadratura fino a svelare il dispositivo che c’è dietro di essa senza per nulla intaccarne la pulsante verità, Strings procede per pause, sospensioni e squarci da un’altrove emotivo, inseguendo le intermittenze del cuore nascoste dietro lo sguardo confuso e incredibilmente vivo di quattro ragazzi in bilico tra l’adolescenza e l’età adulta.
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