FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Tutto parla di te", di Alina Marazzi (Prospettive Italia)

charlotte rampling in tutto parla di te

Inchiesta-intervista sulla maternità ma dove dietro c'è anche la costruzione di una storia, con  personaggi che ne interpretano altri ma è come se fossero se stessi e ripresi dalla vita vera. La forza di questo lavoro è nella sua capacità di filmare soprattutto la paura e il gesto. E ogni storia costruita lascia il segno ma non è invasiva e non crea squilibri.

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charlotte rampling in tutto parla di teE' un'inchiesta-intervista sulla maternità, i suoi effetti, le sue metamorfosi nel rapporto con se stessi e il proprio corpo, nel legame e nelle difficoltà che s'instaurano col figlio e anche col proprio partner. Ma in Tutto parla di te c'è anche dietro la costruzione di una storia,con  personaggi che ne interpretano altri ma è come se fossero se stessi e ripresi dalla vita vera. E' in questa sottile ambiguità, in questa frantumazione di generi uno dei motivi portanti dell'ultimo lavoro di Alina Marazzi.

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Sospeso tra passato e presente, con le cicatrici di un trauma mai rimosso o di un potenziale dramma che potrebbe verifuicarsi. Pauline torna a Torino dopo molti anni e riprende i contatti con Angela che ora dirige un Centro per la maternità. Tra di loro c'è Emma, una danzatrice che non sa come affrontare il suo ruolo di madre.

Quasi un gioco degli specchi, più sguardi che dialoghi tra Pauline ed Emma, ricerche di complicità e tentativi di aiuto della prima nei confronti della ragazza. Sullo sfondo le strade e le luci di Torino, quasi un labirinto, luoghi di un presente che può diventare memoria, elemento che da sempre attraversa tutto il mlavoro della regista, dallo straordinario Un'ora sola ti vorrei a Per sempre fino a Vogliamo anche le rose.

Scritto dalla cineasta con Dario Zonta e la collaborazione di Daniela Persico, Tutto parla di te si dissolve invece abilmente prima nelle testimonianze di un'opera che sembra più corale e poi si concentra sulle due protagoniste. Qui i frequenti silenzi di Charlotte Rampling e i movimenti nervosi Elena Radonicich amplificano quel vuoto, tra le immagini in bianco e nero, le fotografie e le voci registrate del passato e il pianto del bambino nel presente. La forza di questo lavoro è nella sua capacità di filmare soprattutto la paura e il gesto. La prima presente non solo nelle parole ma anche negli occhi ("Essere madre è un privilegio"), l'altro nei provini dello spettacolo, quasi un frammento esterno, quindi un altro corpo, quindi un doppio rispetto quello di Emma. E ogni storia costruita lascia il segno ma non è invasiva e non crea squilibri.

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