FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Vogliamo portare un messaggio di speranza" – Incontro con Guillermo del Toro

 

Guillermo del Toro

Sala Petrassi affollata in attesa dell'arrivo di Guillermo del Toro e i creatori di Le 5 leggende, ultimo film d'animazione della Dreamworks, tratto dai libri di William Joyce. Non appena l'inconfondibile profilo di del Toro appare sul palco, scatta l'ovazione. Qualcuno nelle retrovie grida anche un "Grande!".

 
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Guillermo del ToroI giornalisti affollano la Sala Petrassi in attesa dell'arrivo di Guillermo del Toro e i creatori di Le 5 leggende, ultimo film d'animazione della Dreamworks, tratto dai libri di William Joyce. Non appena l'inconfondibile profilo di del Toro appare sul palco, scatta l'ovazione. Qualcuno nelle retrovie grida anche un "Grande!". A introdurre il produttore esecutivo del film, insieme a Christina Steinberg, altra produttrice, e Peter Ramsey, il regista, c'è Marco Muller, il quale ringrazia anche il suo "nume tutelare" Jeffrey Katzenberg, seduto in prima fila.

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Che cosa significa essere produttori esecutivi di un progetto simile?

del Toro: Significa andare a occuparsi di qualsiasi aspetto del film, dai disegni, ai temi, allo sviluppo dei personaggi per tutto il percorso produttivo, fino alla fine.

 

L'approccio registico del film privilegia piani sequenza e campi lunghissimi? Si tratta di una ricerca estetica personale oppure di un modo per sottolineare la computer grafica?

Ramsey: L'estetica del live action privilegia questo tipo di inquadrature che ci permettono di dar vita a un'epica fantasy su larga scala. Questo era quello che volevamo fare innanzitutto ed è stato il nostro punto di riferimento nel modo di girare. Volevamo rendere questo mondo reale, credevamo in questi personaggi così come fanno i bambini quindi li abbiamo trattati come se fossero veri attori, illuminandoli allo stesso modo e inquadrandoli come "umani". Volevamo indurre il pubblico a credere si potesse trattare di personaggi che ti ritrovi come vicini di casa. Volevamo mettere nell condizioni di guardarli come fanno i bambini.

Il design della Fata del Dentino è molto particolare. Perché è stata realizzata così?

Ramsey: Il design della fatina si lega in maniera specifica alla natura del suo lavoro, alla sua ubiquità. La sua personalità implica il tener traccia di tutto e ricordare le cose. Rappresenta un po' la memoria e abbiamo voluto sottolineare soprattutto il suo legame empatico con Jack Frost. C'è un legame emozionale tra i due.

Nel film c'è il personaggio di Sandman, che per gli amanti dei fumetti rimanda alla saga di Vertigo e DC Comics. Visto che ultimamente si è tanto parlato di una possibile trasposizione cinematografica da parte sua, del Toro, ci può dire qualcosa al riguardo?

del Toro: Sandman qua è un personaggio che è al tempo stesso potente e umile come Buddha. Non ha nulla a che vedere con quello dei fumetti. Comunque, sì, ne stiamo parlando. C'è l'idea di realizzare un film sul Dark Universe.

Babbo Natale è qui un personaggio davvero moderno. Era così anche nel libro?

Ramsey: North, questo il suo nome nel film, era in parte così nel libro, descritto come un pirata, un avventuriero. L'abbiamo reso un po' più pazzo perché, in fondo, la tradizione di Babbo Natale implica un lavoro che è da matti. Poi ha vari lati. Sembra un duro, ma è anche gentile e amorevole.

Steinberg: Peter ha voluto aggiungere i tatuaggi. E' stata la prima cosa che ha fatto quando è arrivato.

Nel film è forte la componente infantile. Si tratta di una necessità data dal soggetto o un'inversione di marcia rispetto ai vostri film precedenti?

Ramsey: In parte, è una necessità dettata dal soggetto, fortemente legato all'infanzia. Ma volevamo mettere lo spettatore nella testa dei bambini. Visualmente ed emozionalmente riporta all'infanzia anche perché quei sentimenti che si provano da piccoli non svaniscono mai.

del Toro: Il film è semplice da leggere, ma è stato complicato da scrivere. Abbiamo pensato molto in fase produttiva. Volevamo permettere ai bambini di immaginare e agli adulti di immaginare come bambini. Quando si è adulti, si è legati al mondo, lo scetticismo soppianta quell'intelligenza che è implicita nei bamibini. Quando si è piccoli, si immagina cosa si vuole essere da grandi, si crede in alcune cose e dobbiamo tenerci aggrappati a tali credenze.

Una curiosità. Le uova giganti sono ispirate all'Isola di Pasqua?

Ramsey: No, ci siamo ispirati ai cartoni di Hayao Miyazaki. Siamo grandi fan del suo lavoro e volevamo ringraziarlo così.

del Toro: Miyazaki è sempre in grado di evocare un universo antico, primordiale ed elementale come nessuno fa.

I personaggi positivi del film continuano a scavare dentro di loro. Ecco, mi pare che si voglia dare così un messaggio di speranza. Era quello l'intento?

Ramsey: Decisamente. Abbiamo rappresentato la lotta tra la speranza, la memoria e i sogni, di cui ognuno ha bisogno, e le paure che ci bloccano dal provare emozioni. I personaggi sono archetipi dei nostri tempi. La storia è forte per questo e questi personaggi che da grandi accantoniamo, portano speranza.

del Toro: Sì, c'è l'idea di speranza alla base. Da adulti, siamo spaventati nel mondo, siamo esseri noiosi che pagano le tasse. I bambini invece rischiano. Ma poi si arriva a un punto in cui si smette di credere e il personaggio di Janey si trova proprio in quell'età. Il messaggio di speranza è importante.

Muller: Speriamo che questo film dia una spinta agli editori italiani per tradurre e pubblicare i romanzi di Joyce allora.

del Toro: E' una vergogna che non siano stati pubblicati! William è uno dei più grandi narratori per ragazzi della nostra epoca. Come Roald Dahl. Joyce è in grado di far emergere anche il lato della melanconia e della perdita nei bambini. C'è una semplicità, ma una complessità al tempo stesso nell'essere bambini.

 

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