FESTIVAL DI ROMA 2012 – "Volevamo stare in un'isola che non esiste, in cui c'è qualcosa di diabolico" – Incontro con Carlo Lucarelli

carlo lucarelli

L'accoglienza ostile del pubblico verso L'isola dell'angelo caduto di Carlo Lucarelli ha animato una conferenza in cui lo scrittore ha motivato le sue scelte di messa in scena, insieme a quasi tutto il cast. Il suo esordio alla regia è nato dalla necessità di rappresentare l'idea pittorica e fumettistica che era nata nella sua testa nel momento creativo del romanzo: un'isola che doveva essere la metafora del male assoluto. Il modello di Shutter Island è impegnativo e Carlo Lucarelli ammette: "se non vi piace è perchè l'ho fatto male, ma era quello che volevo fare".

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Carlo Lucarelli è arrivato al cinema dopo la fortunata esperienza come romanziere di gialli e autore televisivo: il Festival di Roma ha ospitato il suo esordio da regista con L'isola dell'angelo caduto, che è anche uno dei suoi libri. Carlo Lucarelli si trattiene con il pubblico per motivare le due decisioni

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L'elemento più caratterizzante del film è il fatto che hai  rinunciato sin dall'inizio ad un'ambientazione e ad una struttura realiste: il film è sempre sopra le righe o sotto le righe, come se fosse un'enorme metafora. A tratti sembra addirittura un sogno: perchè questa scelta così forte?

 

E' una scelta che apparteneva anche al romanzo da cui è stato tratto il film. Ho accettato questa avventura, anche se io non sono un regista ma solo uno scrittore che ogni tanto fa qualcosa di diverso, perchè anche il libro era particolarmente visionario. E' un thriller storico ma mentre lo scrivevo mi venivano in mente delle immagini pittoriche e fumettistiche che potevano anche non entrarci molto con il taglio realistico. Io ce le mettevo perchè ormai il libro era diventato la metafora di qualcosa. Il film è un thriller che si ingigantisce lentamente e prende sfumature sempre più surreali, fino al punto che tutto potrebbe essere una cosa che non è nemmeno esistita e forse è stata sognata… Io volevo raccontare un momento particolare che c'è nella vita di ognuno, che c'è stato soprattutto nella storia del nostro paese, in cui ci si ritrova a dover scegliere se compromettersi o meno. E' il 1925 e l'Italia si ritrova davanti ad un bivio: seguire la legalità istituzionale oppure fare finta che non sia successo niente, con tutte le scelte che verranno dopo. Spesso noi facciamo delle scelte come paese che sembrano più comode rispetto ad altre che sono più rivoluzionarie. I personaggi si trovano in questa situazione su un'isola che all'inizio era modellata su Ponza o su Ventotene. Mentre scrivevo il romanzo l'isola è diventata un microcosmo, un luogo che non esiste, che è staccato dal resto del mondo. Questa dimensione fumettistica, pittorica e surreale io l'ho portata nel film perchè ho pensato di essere in grado di farlo. L'ho fatto con l'aiuto di tutti perchè se non sei un autore di forte di personalità o di forte esperienza come me il film diventa una cosa corale in cui contribuiscono tutti, dall'attore alla costumista, fino al truccatore. E' come quando scrivi: cammini per strada, vedi la faccia di uno e quello entra dentro e diventa un contributo. Con l'aiuto di tutti ho pensato che potevo essere in grado di trasportare queste immagini surreali, strane e contorte dentro il film che volevo fare. Tutto è stato fatto così: dalla scelta dell'isola che non esiste, che abbiamo costruito grazie agli effetti speciali che a volte possono sembrare sopra le righe, ma che sono stati voluti in questo modo. Volevamo stare in un'isola che non esiste, un'isola in cui in qualche maniera c'è qualcosa di diabolico.

 

La descrizione dei fascisti è davvero emblematica: sono dei pazzi e dei delinquenti, sembrano degli attori di una pantomima degli anni settanta, una performance dell'assurdo: quindi hai dovuto chiedere qualcosa di molto specifico agli attori.

 

Abbiamo fatto delle scelte che non riguardavano solo l'interpretazione del personaggio, soprattutto per certe figure di contorno e per i caratteristi: abbiamo scelto delle facce e sono tutte delle facce strane. La caienna è un simbolo che va oltre la storia, e non importa che nel 1925 ancora non c'erano questi penitenziari. La colonia penale è il simbolo del male assoluto e lì ci sono questi mostri, questi animali, e così la recitazione degli attori doveva avere qualcosa di caratteristico, doveva essere sopra le righe. Per il ruolo del postale abbiamo scelto un attore molto bravo che aveva qualcosa di particolare: sembra un uccello più che una persona ed è il più surreale dei personaggi, visto che se ne sta in un faro, non ha contatti con il mondo e usa il telegrafo per mandare telegrammi che non arrivano ma potrebbero arrivare…

Qual è stato l'impatto di passare dalla scrittura alla regia? Quando si vede un film tratto da un romanzo c'è sempre una delusione nel pubblico perchè ognuno si è fatto in testa il proprio film. In questo caso chi l'ha pensato lo ha anche fatto… Ha avuto qualche suggestione da Shutter Island?

Il regista è uno dei lettori del romanzo che ha la fortuna di mostrare per immagini: di solito la faccia del protagonista è sempre diversa da come è stata descritta dallo scrittore… E' stato bello trovarsi a coincidere, ad essere il primo lettore del romanzo e poi avere a che fare con le immagini e le facce che avevo in mente. Credo che tutti dovrebbero fare un salto dietro la macchina da presa e vedere come funziona il montaggio, il suono… Io mi dicevo "voglio vedere questa cosa, come facciamo?" e poi ci arrivavamo tutti insieme, con grande entusiasmo. E' vero che avevamo in mente Shutter Island: è stato un modello importante proprio per la scelta artistica di un'isola che non esiste. E' chiaro che parliamo di Martin Scorsese e non ci mettiamo nemmeno in paragone ma anche Shutter Island è un isola che non esiste: è un penitenziario di pazzi, non c'è niente di più surreale di questo.

 

Il suo lavoro doveva essere un lavoro di sintesi di suggestioni differenti: forse un po' si è perso in mezzo a tante cose che si sono messe una sopra all'altra. Il film che abbiamo visto la rappresenta, era il film che voleva vedere?

 

L'importante è che il film o il libro sia venuto come lo volevi tu. Se ci sono troppe cose e se sono pasticciate allora è solo colpa mia. Il libro è mio e la sceneggiatura è mia: al limite mi sono confuso da solo. Se è contorto e strano è perchè era così anche il libro. Se non vi piace è perchè l'ho fatto male, ma era quello che volevo fare.

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