FESTIVAL DI ROMA 2013 – Alone Together… HER, di Spike Jonze (Concorso)

HER Spike Jonze Joacquin Phoenix

Libero dalla ingombrante presenza delle sceneggiature di Charlie Kaufman, Spike Jonze ci regala un amaro, amarissimo ritratto di come siamo diventati, nell’era della riproducibilità tecnica delle emozioni, ridisegnando i confini tra intimità e solitudine, tra sentimenti e “sparizione del corpo”. L’altro non ci basta più, oppure è semplicemente “troppo”. Ma se l’intelligenza artificiale impara anche le emozioni, per l’amore non sembra esserci più scampo….

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HER Spike Jonze Joacquin Phoenix

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“Perche le persone non bastano più?”

Sherry Turkle, “Insieme ma soli”

L’amore è uno schermo nero. Almeno è così che Spike Jonze, finalmente (di nuovo) libero dalla ingombrante presenza delle sceneggiature di Charlie Kaufman, lo rappresenta. Puro luogo di essenze, di incrocio di emozioni e parole, spazio aperto/chiuso, crocevia non più di sguardi ma di scie interiori, (quasi) come se non ci fosse più bisogno dei corpi, ma solo delle anime.

Già, i corpi. In un cinema americano che sembra aver ritrovato fiducia nella centralità del corpo (ancora Gravity, ma anche quello di McConaughey di Dallas Buyers Club, per esempio), ecco che arriva un film che invece ci parla della “sparizione del corpo”. O meglio della sua sostituzione con una sorta di corpo 2.0, qualcosa che scavalca i confini della pelle, delle ossa, del sangue, e ci ridireziona verso un’umanità proiettata in una introspezione totale, tra corpo e macchina, dentro le linee tracciate da quel processo di “promiscuità tecnologica”, di cui parla con grande lucidità la psicologa Sherry Turkle nel suo libro in esergo.

HER Spike Jonze  Her ci parla di un futuro vicinissimo, proprio dietro l’angolo. Theodore (Joaquin Phoenix, capace di sostenere per tutto il film lo sguardo ossessivo della macchina da presa) è un uomo sensibile e colto, capace di scrivere delle meravigliose “lettere scritte a mano” che la società per cui lavora rivende a un pubblico che ha sempre meno tempo per scrivere. Ma se nella vita professionale la sua sensibilità si rivela vincente, nella vita privata è tutta un’altra cosa, ed ha perso la donna della sua vita, Catherine (Rooney Mara, icona perfetta del dolore pre-tecnologico, già in Social Network) dalla quale sta per divorziare. Nella sua solitudine metropolitana Theodore è accompagnato dalla tecnologia, che lo aiuta nel lavoro ma anche nel suo tempo libero, mentre i nuovi tentativi di approcciarsi al femminile si rivelano fallimentari. Ma un giorno scopre l’esistenza di un nuovo Software che permette di allacciare una relazione direttamente con un Sistema Operativo, di tipo ultramoderno. Un’intelligenza artificiale sì, ma capace di implementarsi quotidianamente, non soltanto attraverso l’esperienza della rete e dei metadati, ma anche delle conversazioni ed emozioni che si rilanciano con il suo utente. E qui inizia questa “nuova storia” con “Samantha” (voce di Scarlett Johansson, altra icona perfetta, già “puro involucro” nell’inquietante Under the Skin), che sempre più lo avvince, e lo cattura completamente.

Jonze si diverte a mostraci un’umanità (siamo noi) ormai intenta a parlare da soli con dei dispositivi tecnologici, uomini e donne che si sfiorano l’un l’altro, mentre sono intenti a parlare con un “altro mondo”, umano o puramente tecnologico che sia. Ecco che “La tecnologia ridisegna i confini tra intimità e solitudine”, siamo soli perché incapaci di stabile delle relazioni durature con l’altro, “insicuri delle relazioni e ansiosi nei confronti dell’intimità, cerchiamo nella tecnologia dei modi per instaurare rapporti e allo stesso tempo proteggerci da essi.”.

HER Spike Jonze Joacquin PhoenixTheodore e Samantha, e il genio folle di Spike Jonze, vanno però oltre le acute riflessioni della studiosa di Brooklyn (“I robot sociali fungono sia da sintomo sia da sogno: nel primo caso promettono un modo di aggirare i conflitti sull’intimità, nel secondo esprimono un desiderio di relazioni con un limite, un modo per essere insieme, ma soli.”), perché Her non si offre come strumento di critica sociale o analisi antropologica delle mutazioni ormai avvenute nell’umanità. Certo è anche questo ma le “teorie sulla tecnologia” restano sullo sfondo, perché il cuore della storia resta l’amore tra Theodore e Samantha, osservando “la loro relazione come se fosse tra due esseri umani” (parole del regista).  E qui il doppio salto carpiato è davvero oltre….

Le persone deludono, i robot no”, racconta la Turkle, il cui libro sembra quasi aver ispirato il regista, ed è proprio quello che vive Theodore, deluso dalle relazioni (tranne che con l’amica di sempre, interpretata da Amy Adams – terza icona femminile di un casting perfetto – che vivrà anche lei lo spettro della separazione e l’amicizia felice con un altro essere digitale), e finalmente felice di un rapporto dove l’altro da sé gli appare così dolcemente perfetto, intelligente e curioso, sensibile e ironico, ma mai pesante, pressante, stressante, o semplicemente…stanco. No, Samantha non ha un corpo, solo dei bit. Ma la sua essenza non impara solo nozioni e dati, ma anche le emozioni. E capisce che vorrebbe avere un corpo da dare al suo amante (la scena più straziante del film, quando Samantha “usa” il corpo di una ragazza disponibile per “darsi” a Jonathan). Il risultato è deludente. Il corpo è “altro” da Lei. Ma il problema non è “la mancanza di corpo”, la relazione funziona e Theodore riesce persino a condividerlo con i suoi amici (ma non con la ex moglie, che ne mette a nudo le sue incapacità relazionali).  Dove esplode il conflitto nelle relazioni tra umani e intelligenze artificiali, allora? Forse nelle “ansie da connessione” e la paura di perdere l’altro per un “incidente tecnologico”?  No. Troppo semplice. “Samantha è stata progettata per evolvere”, spiega il regista  “e una volta che si mette in moto non c’è limite a dove può arrivare né a quello che può diventare…”.

HER Spike Jonze Joacquin Phoenix Rooney Mara Amy AdamsCome evidenziava già Spielberg in A.I. il “corpo tecnologico” entra in crisi nel momento in cui l’evoluzione lo spinge nelle dinamiche delle relazioni umane, a tal punto da “diventare umano”. E se diventa umano, per Theodore, non c’è più scampo…

Her è un amaro, amarissimo ritratto di come siamo diventati, nell’era della riproducibilità tecnica delle emozioni. L’altro non ci basta più, oppure è semplicemente “troppo”. Come se l’amore non avesse più scampo nell’eccesso di informazioni e comunicazioni dentro cui viviamo costantemente.

E alla fine, dolcemente, non ci resta che abbandonarci, lasciarci andare a osservare il tramonto, con la persona alla quale non dobbiamo chiedere altro che una dolce e meravigliosa, disinteressata amicizia….

e sparisca l’insano Amore senza Amicizia, e luce d’Amicizia si spanda sul mondo” (Alberto Savinio, Nuova Enciclopedia)

 

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    Un commento

    • mi ha letteralmente strappato il cuore! spero proprio che vinca, miglior film e migliore interpretazione!