FESTIVAL DI ROMA 2013 – Another Me, di Isabel Coixet (Concorso)


Il tema del doppio è sempre affascinante, specialmente se associato all’adolescenza ed è comunque pieno di amore il modo in cui la Coixet abbraccia i suoi personaggi femminili. Ma il contenitore sembra proprio essere quello sbagliato: il meccanismo si inceppa troppo spesso e, per quanto lo si desideri, risulta quasi impossibile abbandonarsi

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ANOTHER ME Profonda confusione e un po’ di scoramento.

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Perché la regista catalana Isabel Coixet ha scelto di raccontare questa storia, che chiaramente non è in grado di maneggiare, e perchè in questo modo?

Porsi queste domande è d’obbligo per chi segue la cineasta, autrice di pellicole pluripremiate e diventate piccoli cult come La vita segreta delle parole e La mia vita senza me.

La risposta probabilmente risiede in quello che è l’oggetto principale dei suoi film: la donna.

Raccontare l’universo femminile, felice, ferito, malato, giovane o vecchio è da sempre la sua prerogativa, è quello che sa fare bene, è il materiale che, appunto, sa maneggiare. Valorizzarne i corpi e i sentimenti, stare sempre dalla loro parte senza essere stucchevole, essere in grado di raccontare donne vere, complete nelle loro fragilità.

Dov’è tutto questo? Non nel suo ultimo film, Another me. C’è la donna, quello sì, un’adolescente tormentata. C'è un doppio cattivo che la ossessiona. Non capiamo bene se si tratti di una sua proiezione mentale (speriamo tanto che non lo sia per evitare paragoni con Il Cigno Nero a cui è impossibile non pensare) oppure un fantasma, una sosia.

Neanche abbiamo il tempo di provare a capire che il mistero viene svelato. Senza la minima suspance scopriamo che si tratta della sua gemella morta prima di nascere, di cui la protagonista è stata sempre tenuta all'oscuro dai genitori.

Ed ecco lo scoramento. Ma non perché l’antagonista è la sorella fantasma che reclama la vita che le spetta rubando quella della gemella viva. Non solo almeno. Ad un certo punto, ciclicamente nel film, in modo talmente semplice da far sorridere, i misteri vengono svelati: ombre, vetri rotti, apparizioni sfocate, la foto dell’ecografia delle due gemelle nella pancia. Ma il pubblico è così scemo? E poi perché farne un thriller? Il tema del doppio è sempre affascinante specialmente se associato all’adolescenza, che è proprio il periodo in cui iniziamo a scoprirci più complessi di quello che siamo. Ed è comunque pieno di amore il modo in cui la Coixet abbraccia i suoi personaggi femminili: anche in questo caso, nonostante tutto, la protagonista Sophie Turner  funziona e facilmente si crea empatia con l’adolescente riservata e problematica che racconta.

Ma il contenitore sembra proprio essere quello sbagliato. Il meccanismo si inceppa troppo spesso, per quanto lo si desideri, risulta quasi impossibile abbandonarsi. Non siamo mica nel film Angoscia, dice ad un certo punto la sempreverde Geraldine Chaplin, che interpreta la vecchia vicina di casa. Eh sì… non siamo per niente nel film di Cukor e forse non dovremmo neanche pensare di esserci. 

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    2 commenti

    • Film splendido. Affascinante contenuto, grande forza narrativa esaltata da una magnifica partitura musicale, splendida fotografia, eccellenti attori….
      A mio avviso merita un premio.

    • Conosco bene i film di Coixet e credo che quest'ultimo non rispecchi il suo stile personale, introspettivo, mai banale. In Another me ho apprezzato soltanto l'interpretazione della protagonista e la fotografia; per quanto riguarda la storia è assolutamente scontata e impostata per un cinema più commerciale.