FESTIVAL DI ROMA 2013 – Incontro con Davide Ferrario e il cast di "La luna su Torino"


Ritorno al film di finzione per Ferrario a quattro anni da Tutta colpa di Giuda ma, soprattutto, riapprodo a quel suo tema cardine che è il quarantacinquesimo parallelo. Una grande metafora del mondo d'oggi sull'equillibrio e sulla leggerezza per destreggiarsi come acrobati inconsapevoli nel mondo in cui viviamo

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Nello spazio Bnl all'Auditorium si è tenuta la conferenza stampa di La luna su Torino, un altro film sulla città prediletta per Davide Ferrario. Ritorno al film di finzione a quattro anni dall'ultimo Tutta colpa di Giuda ma, soprattutto, ritorno a quel suo tema cardine che è il quarantacinquesimo parallelo di cui si era già occupato nel 1987 ed ancora una volta nel 1997.

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Il cast è completamente composto da attori emergenti: Walter Leonardi, Manuela Parodi, Eugenio Franceschini, Benedetta Perego. All'incontro anche il produttore esecutivo Ladis Zanini.

 

Possiamo dire che la protagonista di questo film sia Torino una città che sembra assolutamente iscritta nel tuo dna?

Davide Ferrario: Torino è delineata in una maniera un pò particolare. L'elemento cardine qui è il quarantacinquesimo parallelo. Chiunque attraversi la Pianura Padana vedrà cartelli recanti l'indicazione: quarantacinquesimo parallelo e il più delle volte ti sfugge, ma se ci si riflettesse un attimo si rimarrebbe attratti dal senso che rappresenta. Tutta la Pianura Padana è attraversata da questa linea che non è come tutti gli altri paralleli, significa stare a metà tra il Polo Nord e l'Equatore. Una grande metafora del mondo d'oggi sull'equillibrio e sulla leggerezza per destreggiarsi come acrobati inconsapevoli nel mondo in cui viviamo.

 

Che tipo di tecnica ha utilizzato per girare il suo film, siamo sicuramente nel campo del digitale, ma di che tipo di digitale si tratta e sono stati impiegati dei droni?

Davide Ferrario: a partire da Dopo Mezzanotte – primo film italiano girato in digitale, passando per Tutta colpa di Giuda, in cui credo di essere stato il primo in Italia ad utilizzare la Genesis, arriviamo a questo lavoro in cui ho utilizzato una Canon 300 e solo 2 Kw di corrente elettrica. Perchè con la tecnologia digitale si può lavorare leggeri, abbiamo girato quasi tutto in Wifi senza fili, possiamo dire quasi ad impatto zero. In questa scelta molto importante è stato il contributo innovatore di Davide Cecchini che, grazie alle sue capacità, ha perfettamente mixato la qualità dell'immagine con la prerogativa del low budget. Abbiamo inoltre usato un drone con 6 eliche sul quale è stata montata una Canon 5D, drone fatto volare a 150 mt da terra per effettuare le riprese.

 

Si ha quasi l'impressione che questa ricerca dell'equilibrio sia insita anche nel registro stilistico. Le chiedo se il film vive di una struttura solida o si è improvvisato lasciando fare agli attori oltre lo schema della sceneggiatura?

Davide Ferrario: ho seguito molti corsi di sceneggiatura all'Università e se una cosa ho imparato è proprio la necessità di demolire la sceneggiatura. Pensate a Dopo mezzanotte, fu addirittura candidato al Premio per la migior sceneggiatura al David di Donatello. Non ho scritto quel film. Spesso si confonde la messa in scena con la sceneggiatura. Per quanto riguarda La luna su Torino c'era una roba all'inizio ma ne abbiamo fatto abbastanza carne di porco. Per me un film è soprattutto ripresa e montaggio. E questo film è stato girato in quattro settimane, otto sono invece quelle servite per il montaggio. E' il mio modo di lavorare, non è il miglior modo o il peggior modo è solo un modo differente e possibilie.

Manuela Parodi: una delle caratteristiche di questo film è che a Davide venivano continuamente idee durante la notte ed il giorno dopo, arrivati sul set, tutto era cambiato. Abbiamo lasciato grande spazio all'improvvisazione.

Walter Leonardi: ricordo benissimo una scena in cui non riuscivo nella maniera più assoluta a pronunciare la battuta. Può capitare che l'attore vada in tilt, io sono andato un attimo in trance, poi ho pronunciato una battuta molto più stretta e coincisa. Al che mi sono detto: 'cavolo ci risiamo', Davide invece mi si è avvicinato e rassicurandomi: ' va benissimo così'. Il risultato è stato migliore di quello che si sarebbe potuto ottenere seguendo la scrittura.

Daria Pascal Attolini: per quanto mi riguarda questo equilibrio/disequilibrio continuo ha contribuito a creare un personaggio con più sfumature.

Benedetta Perego: il mio personaggio è maggiormente fatto di sguardi più che di parole. E credo tutto il film in fondo sia più di direzioni che di parole.

 

Com'è cambiato il tuo approccio al tema del quarantacinquesimo parallelo, dato che già nel 1997 lo avevi trattato in un documenatrio?

Davide Ferrario: il mio primo lavoro al cinema, in assoluto, è stata proprio una sceneggiatura per un film sul quarantacinquesimo parallelo Non date da mangiare agli animali del 1987. La mia vita ha incrociato spesso questa tematica, non so quanto consapevolmente. Il documantario del 1987 collegava Torino alla Mongolia. Non cambia la mia idea di fondo su questo tema ma si aggiungono delle osservazioni. L'ho declinato anche nell'ultimo film facendo delle aggiunte. Ciò che mi affascina è il mondo vicino, che per me è straordinario, non desidero andare altrove, nei miei film.

 

Traspare una sorta di sospensione che sembra delineare l'indecisione, l'incertezza dei protagonisti, mi sbaglio?
Davide Ferrario: aggiungerei precarietà. L'esistenza in senso metafisico è precaria. Il personaggio di Giulia (l'acrobata) rappresenta proprio ciò, la precarietà che è al contempo leggerezza e anche possibilità di cadere. Tutti i miei personaggi camminano su questo filo, come tutti noi nella vita.

 

Nel film ci sono moltissima musica e poesia, come le avete condensate?

Davide Ferrario: l'idea è stata di parlare della ricerca di un posto nel mondo unendola all'idea della leggerezza. L'immagine della mongolfiera è rapppresentativa proprio della leggerezza e dell'inconsistenza. Un oggetto che si lascia trasportare dal vento ed a cui può accadere qualsiasi cosa. E' un film mongolfiera. E se questa è poesia… Fabio Barovero ha scritto le musiche con Dente.

Fabio Barovero: è stata una splendida opportunità lavorare a questo film. In realtà la mia collaborazione con Davide è da ricercarsi molto più indietro nel tempo. A partire da Dopo mezzanotte. Il coinvolgimento della banda, in questo ultimo lavoro, è stato straordinario ed innovativo. Utilizzata con sonorità a metà strada tra Nord e Sud, seguendo la scia del film. Dalla musica africana al basso tube. Tutto quello che avete ascoltato è creazione vera e umana.

 

 

Giacomo Leopardi è tornato molto di moda in questo periodo, in che modo viene declinato nel tuo film?

Davide Ferrario: Mario Martone sta ora girando su Leopardi, entrambi in passato ci siamo lasciati ispirare dallo scrittore. Io con Piazza Garbaldi che pure conteneva qualche riferimento, Martone con Noi credevamo. Leopardi te lo porti dietro dalla scuola, luogo in cui ti fanno credere fosse uno sfigato. Invece ho scoperto un pensatore straordinario, perchè modernissimo. Aveva capito tutto del mondo e non riusciva a smuoverlo. Per me uscire fuori e provare a fare qualcosa è impossibile. Il mio Walter rappresenta Leopardi, un piccolo nobile che sta li sù, come Leopardi stava a Recanati e da lì guarda l'infinito.

 

 

Il tuo film mi fa pensare per certi versi a Jodorowsky e per altri, guardando come sono illuminati i personaggi, mi fa ritenere che la sottoesposizione sia stata utilizzata volutamente per rappresenatare la precarietà, come mancanza d'identità. E' corretto sostenere ciò?

Davide Ferrario: l'indeterminatezza, guardando a tutta la mia filmografia, è qualcosa che ha ispirato tutto il cinema che ho fatto. Jodorowsky, sinceramente lo apprezzavo a vent'anni, ma mi sento molto più razionale ed in questo senso leopardiano. in me non ci sono elementi affini alla magia di Jodororowsky. Come Leopardi assommo le caratteristiche della razionalità, del romantismo e del cinismo nella mia visione delle cose. Un ulteriore aspetto vorrei sottolineare, di cui spesso non si tiene conto, perchè non lo si conosce, l'aspetto comico di Giacomo Leopardi. Mi ritrovo molto nella frase pronunciata da uno dei miei personaggi, Dario, che proprio allo scrittore si rifà: "per parlare di un mondo ridicolo non servono la ragione e il sentimento, bisogna usare il ridicolo".

 

Riferendoci alla messa in scena si può sostenere che certe cose dei tuoi primi film ritornino, come gli animali tropicali, i posti lontani?

Davide Ferrario: il mio cinema è difficilmente inquadrabile, è davvero difficile riuscire a mettere insieme o dare una definizione a tutto questo. Sono partito dal documentariuo passando in altri territori, ma c'è senza ombra di dubbio la presenza di una serie di fili rossi, che non sto qui ad elencare poichè chi conosce i miei film lì avrà sicuramente riconosciuti ed interpretati. Il cinema per me è esattamente straniamento, quello che non provo in genere guardando produzioni italiane. I film italiani mi sembrano un teorema applicato, dopo cinque minuti ti accorgi già di come potrebbe essere il finale. Invece voglio straniarmi e sognare. Siamo abituati ad un cinema che detta un pensiero preconfezionato, sembra dire compra questo pensiero qui e portatelo a casa. Per me l'atto del guardare dev'essere catartico.

 

 

Quando uscirà nelle sale?

Zadis Zanini: tra il 20 ed il 27 marzo. L'uscita coincide con un periodo fortunato per Davide, poichè tutti puntano sul periodo invernale rischiando di fallire se non rientrano con gli incassi della prima settimana. Invece questo film uscirà in primavera anticipando l'idea dell'estate, che pure è insita nel prodotto.

Davide Ferrario: è stato girato nell'estate del 2012, montato con molta calma, era pronto per la primavera di quest'anno, ma è stato molto complicato uscire per una situazione che potremmo definire mercantile, così per l'ennesima volta, abbiamo deciso di mettere in campo un'operazione indipendente.

 

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