FESTIVAL DI ROMA 2013 – Incontro con John Hurt

john hurt

Uno dei più celebri attori britannici, presenta a Roma Snowpiecer, il thriller post-apocalittico di Bong Joon-ho. Candidato all'Oscar per la sua interpretazione in The Elephant Man nel 1980, l'attore grazie alla sua personalità estremamente eclettica oscilla con grande facilità attraverso diversi generi cinematografici riservando sempre un posto speciale al teatro.

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 John Hurt, uno dei più celebri attori britannici, presenta a Roma Snowpiecer, il thriller post-apocalittico di Bong Joon-ho.

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Candidato all'Oscar per la sua interpretazione in The Elephant Man nel 1980, Hurt grazie alla sua personalità estremamente eclettica oscilla con grande facilità attraverso diversi generi cinematografici, dal cinema indipendente a quello ad alto budget, riservando sempre un posto speciale al teatro.

 

 

Come è nato Snowpiecer? Perché ha scelto di partecipare a questo film?

Non è facile da spiegare. Sono stato chiamato da Boong a Soho e dopo averlo conosciuto ho capito che si trattava di un vero regista e che questo era un viaggio al quale non potevo mancare. Boong gira in maniera essenziale, vede qualcosa e gira ciò che vede, senza sprecare tempo e riprendere la scena da diversi punti di vista. Sa ciò che vuole ed è straordinario lavorare con lui.


Spesso si parla del mito della recitazione inglese, che porta con sé l’aura e il fascino cultura. Come definirebbe lo stile della tradizione recitativa inglese? Quali sono i suoi tratti caratteristici?

Credo che non sia uno stile ben definito, ma variabile. Alec Guinness per esempio è riuscito a interpretare ruoli diversi in maniera credibile, come Fagin in Oliver Twist, e la sua perfezione mi ha influenzato molto. In passato non c’erano grandi attori britannici, perché il cinema era considerato un modo per guadagnare i soldi necessari per fare teatro. Oggi invece sono entrambe delle espressioni artistiche ugualmente importanti.

 

Quando ha deciso di diventare attore?

A 9 anni ho interpretato la parte di una bambina in una recita scolastica e ho capito che era il mio futuro era il palcoscenico. Facevo di tutto per partecipare alle recite, ma i miei non erano d’accordo, e ci hanno messo un po’ di tempo per metabolizzare la mia scelta. Loro amavano il teatro ma non accettavano che io diventassi un attore. Dopo la guerra ciò che contava era la rispettabilità e la sicurezza e di certo non sono caratteristiche del mestiere dell’attore. Mi hanno fatto studiare arte per farmi diventare insegnante, non certo pittore, visto che anche in questo caso non sarebbe stata una posizione sicura e rispettabile. In seguito da Wimpy, una vecchia catena di fast food di pessima qualità, ho incontrato due ragazze australiane che studiavano danza spagnola e sono state loro a spingermi ad iscrivermi alla Royal Accademy of Dramatic Arts, perchè avevano riconosciuto in me un grande potenziale come attore. 

 

Lei si adatta perfettamente sia al cinema d’autore e che alle major. Cosa la spinge a scegliere i film da interpretare?

Mi interessa molto il cinema indipendente. Trovo i copioni, le storie e i registi particolarmente interessanti. È chiaro però che se si investe un budget più alto bisogna raggiungere un pubblico più vasto, e spesso i film troppo complessi non sono molto attraenti. Quindi è una questione di scelte, e naturalmente quante più esperienze hai, tante più sono le scelte a disposizione e tanto più è difficile scegliere. Quando si è giovani e freschi si prende tutto ciò che viene, istintivamente, poi nella maturità subentra la riflessione e le scelte vanno verso film di maggiore complessità e di maggiore qualità. Le scelte sono meno istintive, ma in alcuni casi è fondamentale la conoscenza del regista, come nel caso di Lars Von Trier o Jim Jarmush. In quel caso non chiedo neanche di leggere il copione, anche perché non ne esiste uno vero e proprio. Mi affido a loro e seguo la strda che mi indicano. Anche se da giovane ho amato Antonioni e Truffaut, interpretare grandi film come Snowpiecer mi diverte molto, così come partecipare a serie tv di altissimo livello come Dr. Who, che dietro le quinte nasconde un lavoro enorme e una grande professionalità.

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