FESTIVAL DI ROMA 2014 – Che bello lasciarsi intrappolare. Elisabetta Sgarbi racconta Due volte Delta

FESTIVAL DI ROMA 2014 – Che bello lasciarsi intrappolare. Elisabetta Sgarbi racconta Due volte Delta

Elisabetta Sgarbi presenta a Roma il suo Due volte Delta. Dittico che segue il fluire del tempo dei pescatori da un lato e dall'altro trova le radici residuali di un mondo di pesca ormai quasi scomparso. Ad accompagnare la regista c'erano Franco Battiato, Paola Malanga per Rai Cinema e il cast

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FESTIVAL DI ROMA 2014 – Che bello lasciarsi intrappolare. Elisabetta Sgarbi racconta Due volte DeltaLa scrittrice, direttore artistico ed editoriale per Bompiani, nonchè specializzata in discipline scentifiche ha presentato a Roma il suo ultimo lavoro Due volte Delta. Un dittico composto da Il pesce siluro è innocente e Per soli uomini che Marco Müller ha voluto proiettare come unico film.

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Paola Malanga sostiene che la carriera della Sgarbi è emblema dell'acquisizione ben riuscita di un posto nel mondo, ma anche necessaria ricerca di uno sfogo della sensibilità artistica nella creazione cinematografica. I suoi film s'inseriscono, da tempo, nel filone italiano del cinema del reale (che ha preso piede solo di recente) facendosi cantori di un approccio poetico. Due volte Delta traduce in emozione i dati geografici e antropologici che denunciano lo stato di non curanza (nei confronti dellambiente) del territorio del Po, per due capitoli che sono Elisabetta e che parlano la stessa lingua con accenti diversi

 

 

Due volte Delta è stato presentato come un unico film diviso in due parti, nella seconda la ricerca cromatica diverge, come spieghi tale differenza?

Elisabetta Sgarbi: Il primo film descrive a rilento giornate che si aprono e si chiudono annientando il più possibile la mdp. I grigi sono i toni di una monotonia e di un paesaggio molto variegato. La seconda parte descrive invece la pesca. E' stata solo una casualità che in quest'ultima i colori fossero aranciati.

 

 

Perchè avete pensato di articolare il progetto in una trilogia?

Paola Malanga: Più che di una trilogia parlerei di un vero e proprio dittico, per ora, in cui si assommano le due anime di Elisabetta, il rapporto con la letteratura e le radici nel Pò. Dopo fruttuose collaborazioni durate per anni e incentrate sul primo aspetto, direi che con questo film è riuscita ad avventurarsi in un territorio che le è meno familiare, è rientrata con grande coraggio nella sua terra di provenienza, con una sensibilità spogliata delle stampelle culturali, su cui ha fatto sempre affidamento. Questo dittico è Elisabetta, parla la stessa lingua con accenti diversi

 

 

Qual è la tua impressione sul film?

Franco Battiato: Del secondo film non sapevo nulla. Durante la proiezione privata ho notato che la scena finale era molto lunga e stavo per dire ad Elisabetta che sarebbe stato meglio accorciarla, invece è intervenuto Marco Müller (con le sue reminiscenze cinesi) sostenendo: Elisabetta è troppo corta…

 

 

Ci racconti il tuo innamoramento profondo e il tuo smarrimento nel Delta del Pò?

Elisabetta Sgarbi: Avevo raccolto le testimonianze di alcuni attori già da tempo. Ma è come se improvvisamente i luoghi in cui sono nata (Ferrara), quei luoghi di cui avevo sentito tanti racconti, e che mio padre a 93 anni ha narrato in Lungo l'argine del tempo, che facevano parte del mio passato, fossero diventati sabbia mobile. Mi hanno trattenuta. Dopo il film credo siano ancora un mistero per me e ho compreso che è bello lasciarsi intrappolare nonostante la spasmodica ricerca di libertà.

 

 

A che punto è il terzo soggetto?

Elisabetta Sgarbi: Posso solo dire che nella terza parte sono sempre i pescatori i protagonisti. Si chiama Il pesce rosso dov'è? E s'interroga sulla scomparsa di alcune specie.

 

 

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