FESTIVAL DI ROMA 2014 – Incontro con Anton Corbijn e Willem Dafoe per La spia – A Most Wanted Man

Il regista olandese è a Roma per presentare il suo ultimo film tratto dal romanzo dello scrittore britannico John Le Carré. Il cast annovera, tra gli altri, Philip Seymour Hoffman nella sua ultima interpretazione da protagonista. All’incontro è intervenuto anche Willem Dafoe

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Il regista olandese è a Roma per presentare il suo ultimo film tratto dal romanzo dello scrittore britannico John Le Carré. Il cast annovera, tra gli altri, Philip Seymour Hoffman nella sua ultima interpretazione da protagonista: Era un gigante, afferma Corbijn. Non saprei da che parte iniziare quando penso a ciò che ci ha lasciato in eredità, che è immenso sia per portata che per profondità. Era il miglior caratterista che io riesca a immaginare. La sua forza consisteva in un’immersione totale nel ruolo e in una completa assenza di vanità. All’incontro è intervenuto anche Willem Dafoe.

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Qual è il suo rapporto con Le Carré?
Anton Corbijn
: Molto buono, era spesso presente sul set. Gli ho anche chiesto di comparire in una scena. Si era preparato per quattro settimane e si era fatto crescere la barba. Dopo che l’abbiamo girata è rimasto deluso perché si vedeva poco, era quasi irriconoscibile. A parte questo, per un autore è sempre difficile vedere il proprio libro trasformato in film. Sul set mi ha dato un contributo essenziale, conosceva bene ciò che doveva essere fatto e mi ha detto che per parlare del mondo delle spie non bisognava tanto concentrarsi sull’azione, come si vede nei film di James Bond ad esempio, ma sulle dinamiche dello spionaggio.


Com’è stato lavorare con Hoffman?

Corbijn: Philip non aveva mai interpretato un europeo ed era deciso a rappresentare in modo adeguato il personaggio di Günther Bachmann. L’idea è stata quindi di trasformarlo in un tedesco che si esprime in inglese. Il suo lavoro si è concentrato soprattutto sull’accento. Si è preparato per mesi prima che iniziassero le riprese. Mentre nel libro Günther è solo uno dei personaggi, nel film è diventato protagonista. Dopo quello che è accaduto, La spia ha assunto un peso imprevisto. È difficile parlare di Phil. Per me è stata un’esperienza straordinaria lavorare con lui tutti i giorni. Mi hanno colpito la sua potenza, intelligenza, serietà e capacità di cogliere le sfumature del suo personaggio.


Willem Dafoe
: La cosa strana è che conoscevo il lavoro di Hoffman, abitavamo addirittura nello stesso quartiere. Entrambi poi siamo sia attori teatrali che cinematografici, ma non lo conoscevo personalmente. Mi ha fatto un’ottima impressione, era un uomo di grande intelligenza e generosità. È stato facile girare con lui, nel senso che si impegnava talmente tanto che ci è voluto poco per entrare in sintonia. Cosa che non mi capita spesso.

Qual è stata la difficoltà maggiore nel girare un film d’azione? 
Corbijn: Io non sarei neanche capace di fare un film d’azione. Questa per me è stata una storia ideale perché tratta la psicologia e il travaglio interiore del mondo dello spionaggio e non tanto l’aspetto dell’azione.

Dafoe: Io non l’ho mai considerato un film di spionaggio. Sì, tratta di spie ma mostra diversi personaggi che interagiscono tra di loro e cambiano.


Non trovate che il film sia di grande attualità?

Corbijn: Assolutamente. Il libro mi ha interessato proprio per via della storia che racconta e dei molti temi che affronta, compreso il terrorismo. Il romanzo è ambientato nel 2004-2005, ma da allora la realtà ha superato la fantasia. Ed è uno dei motivi per cui ho voluto fare il film.

Dafoe: Credo che il film ponga una questione fondamentale sul sacrificio della libertà individuale per il bene comune. Nelle situazioni critiche spesso sono pochi a decidere e per molti diviene una questione di calcolo. I diritti delle singole persone vengono minacciati quando si è di fronte al pericolo. Il tema non è certo nuovo, ma è di grande attualità nel nostro contesto politico dove il terrorismo è un elemento costante.

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