Festival di Roma: ultimo atto?


Nella “Battaglia di Torino” prevalse il “modello” del Festival come proprietà della politica. E prima ancora Walter Veltroni “scese in campo” con la nascita del Festival di Roma, il “peccato originale” della politica dei festival

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Sembra finita così quest’altra “Battaglia dei Festival” , con le dimissioni di Gian Luigi Rondi, stretto nella morsa politica del centrodestra (e dei bei finanziamenti che Abete puo’ portare in dono…), al quale non ha  evidentemente giovato il sostegno di gran parte del cinema italiano (Procacci, Ghini, Barbagallo, ecc…) che, nei bei tempi andati, una volta lo contestava. Ma così vanno i tempi, e i conservatori di un tempo sono oggi i nuovi paladini della libertà della “sinistra” italiana. Che sì è stretta attorno a Rondi (peraltro scelto dalla destra anni fa dopo la “fuga” di Veltroni dalla carica di sindaco e l’inopinata sconfitta di Rutelli) con un unico grido: contestare il metodo di Comune e Regione (Alemanno e Polverini) che hanno scavalcato le regole. Perché le regole prevedono che sia il CDA del Festival a decidere, su indicazione del Presidente. Come è avvenuto a Venezia dove Baratta ha liquidato Muller senza che si alzasse alcuna barricata nè dibattiti alle librerie del cinema. 

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Ma quello che colpisce di tutta questa orribile vicenda  – dove perdono tutti, in primis il cinema italiano – è che si chieda il rispetto di regole del tutto astratte, invece che entrare nel merito dei contenuti.  Per cui è del tutto “regolare” che il Presidente della Biennale si liberi senza dovere spiegazione alcuna del direttore della Mostra (che aveva manifestamente sostenuto alla conferenza di luglio), ed è invece irregolare soltanto la determinazione e sfacciataggine della politica di centro destra che ha voluto a tutti i costi cambiare i dirigenti di un Festival che loro stesso avevano messo lì.

 

Una follia. Che non nasce oggi, ma nasce dalla “Battaglia di Torino” dove, al di là delle diatribe interne e generazionali torinesi, prevalse il “modello” del Festival come proprietà della politica. O meglio, prima ancora, quando Walter Veltroni “scese in campo” con la nascita del Festival di Roma, il “peccato originale” della politica dei festival, dal quale derivano tutte le “barbarie” successive.

 

Ci si puo’ scandalizzare oggi del fatto che i politici impongano le loro scelte? Dopo che i politici hanno inventato Festival per lanciare la propria lunga campagna elettorale? Se oggi la destra fa quello che fa la sinistra, la sinistra attraverso i suoi paladini cinematografici, s’indigna. E prima?

 

Noi di Sentieri selvaggi, che non apparteniamo né all’una né all’altra sponda – e che Muller neanche lo conosciamo personalmente – abbiamo detto la nostra, provando a lanciare delle idee concrete sul Festival.

I lettori sono intervenuti, in tanti avete letto e commentato, e l’articolo è tra i più letti del mese. Ma nessun giornale o agenzia ha riportato la “pura notizia” di qualcuno – fuori dalla politica –  che prova a proporre qualcosa. In questo siamo davvero in un regime, e basta leggere le cronache di questa battaglia sul Festival di Roma sul Corriere o Repubblica per rendersene conto.  C’è una lobby contro un’altra lobby. Metodi e stili diversi ma la stessa sostanza.

 

E invece ci vorrebbe un sussulto.  Ma non per difendere il 91enne democristiano immarcescibile, o la “donna per tutte le stagioni” che dirige un giornale di Berlusconi ma è amata dalla sinistra…  Ma per immaginare un’idea di proposta culturale che a Roma non vediamo più dal 1985, quando finì l’ultima estate romana nicoliniana. Il Festival di Roma è un “mostro” indistruttibile, un Frankenstein sfuggito alle catene del suo demiurgo.  Che alla fine potrebbe diventare come il “romantico” protagonista del romanzo di Mary Shelley,  un “amabile mostro”… che decide di darsi la morte dopo aver seminato paura e terrore.  

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    7 commenti

    • Una conclusione degna delle favole horror, e mi intriga questa immagin del Frankenstein che avete scelto come icona. Ora mi domando cosa ne farà questa nuova dirigenza di questo "mostro", se lo cavalcheranno per le loro belle passerelle da red carpet e lustrini, oppure se qualcuno saprà reinventarlo su nuove linee progettuali. Voi di Sentieri selvaggi sì che siete gli ultimi romantici!

    • Marco De Laurentis

      Devo darvi atto di un certo coraggio nel vostro schierarvi cosi originalmente contro tutto il cinema italiano che inve e contesta questa decisione e i metodi usati per arrivarci. A uno sguardo superficiale vi si potrebbe tacciare di esservi allineati alla destra, ma da vecchio lettore, conoscendo la vostra storia e indipendenza, sono ammirato da tale libertà intellettuale. Touchè!

    • Mi viene in mente che la resistenza dei "vecchi", prima Gianni Rondolino a Torino e ora Gian Luigi Rondi a Roma,pur nelle diversità profonde dei due personaggi, siano un po' il segno di questa politica che ha disprezzo di tutto e di tutti, e scavalca ogni regola e costume pur di arrivare ai propri obiettivi. Mi fa paura sia da destra che da sinistra questa generazione di politici arroganti quanto ignoranti, e mi stupisce che un signore come Müller possa farsi strumentalizzare da questa gente. Che poi il cinema italiano sia solo capace di urlare al lupo senza proporre alcuna concreta alternativa culturale è per me fonte di sconfinata tristezza.

    • @Luca di Torino se è per questo anche un signore come Barbera si è fatto strumentalizzare dagli assessori e politici torinesi anni fa. Non credo sia un problema di strumentalizzazione, sono dei professionisti dei festival, tra i più bravi in circolazione, è normale che stiano nel mercato! Farsi da parte a chi gioverebbe? Il problema non sono Müller, Barbera o la Detassis, ma l'incapacità del cinema italiano di muoversi indipendentemente dalla politica. Che poi si capisce: è la politica che finanzia il cinema italiano.

    • La politica ha sempre messo le mani su queste cose. Non vedo grosse novità. Il merito della questione è che tale Muller è molto rinomato e apprezzato e libero. Politici romani con il borsello hanno pensato (bene in questo caso) di volerlo spingere. Senza questa spinta cosa succedeva? rimaneva tutto in mano ad un stesso gruppo che ha fatto si un festival negli ultimi anni ma non certo distintivo o necessario. Per le proposte le discussioni ed i ragionamenti su come fare il festival i politici non si interessano (e questo è relativamente sbagliato) perché vogliono solo qualcuno capace che lo faccia per loro, che funzioni , per motivi politici (relativamente sbagliato). BUONO comunque rilevare che non esistono direttori di destra o sinistra. Per quanto riguarda invece il cinema in toto ha sempre avuto sensibilità e influenze da sinistra e questo anche nel resto del mondo la sensibilità politica di sinistra intercetta la maggior parte di questa categoria. Fa parte quasi del cinema.

    • Largo ai giovani…a novant'anni con tutto il rispetto per l'età si sta a casa e ci si gode la pensione…a meno che non uno non sia un "vecchiaccio" come De Oliveira o il grande Monicelli…la politica è una brutta bestia ma se Muller riesce a dare un'identità ad un festival come ha fatto con Venezia…bè Viva Muller…le capriole politiche sono sotto gli occhi di tutti…di chi vuol vedere…

    • andrea caramanna

      uno che riceve per la conduzione di un festival di cinema 180 mila euro (non importa come si chiami) è soltanto un immorale e tutti quelli che ricevono compensi non equi sono anch'essi corrotti da un sistema economico che impone a piacimento la distribuzione dei redditi. Tutto ciò non va bene, quando lo capiremo?