FESTIVAL – Parte Sulmonacinema Film Festival 2004

Il piccolo ma combattivo e soprendente Festival apre oggi i battenti fino al 13 novembre. Si vedranno registi "Italieni" (quelli che hanno lavorato all'estero), i 50 anni del Rock, ANARCHY IN USA, Koji Wakamatsu, Russ Meyer e tanto altro. Ce lo presenta il suo Direttore Artistico, Roberto Silvestri

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Ci sarà qualche documentario in più nel nostro programma 2004, sia in concorso che nelle numerose sezioni parallele, dedicate quest'anno: 1. Al cinema dell'emigrazione italiana in Australia (un trio di film d'assaggio, rispetto a una edizione futura più completa, che comprende anche la 'falsa' e rara commedia 'wog' interpretata da Walter Chiari); 2. A Carlo Tresca, sulmonese rivoluzionario (ucciso a New York da mafiosi e fascisti) e ai suoi amici sindacalisti libertari dell'Iww; 3. Al rock tornato improvvisamente vitale e 'ai suoi prossimi 50 anni'; 4. Ai narratori francesi, anche per immagini, Pierre Klossowski e Georges Bataille, surrealisti eretici, "lettristi" estremamente pericolosi, ma anche quasi-cineasti, indocili a soffermarsi sulla sola scrittura erotica di finzione (in un programma completato da un incontro che apre il festival, organizzato con il festival del cinema di Roma e con la rivista 'Filmcritica'); 5. Al dramma dei palestinesi, e degli israeliani di buona volontà, che, dopo 50 anni di istigazione continua e non sempre reciproca al terrorismo, rischia di non trasformarsi mai più in melodramma giocoso; 6. A Koji Wakamatsu, di cui vedremo i due insostenibili capolavori, 'sessantottini', e che resta l'antesignano rimosso del cinema nipponico indipendente, lo specialista del filone 'eros + massacro' (indagine estrema sui segreti intimi e sui piaceri colpevoli del giapponese medio), che porterà al trionfo critico internazionale producendo 'L'impero dei sensi', diretto dal collega e amico Naghisa Oshima; 7. Alla metamorfosi nel sistema narrativo cinematografico e nelle attrezzature psicofisiche del corpo istigato alle mutazioni spazio-temporali dal consumo pervasivo dei videogames giapponesi; 8. A Jonathan Demme che alterna sempre documentari e 'blockbuster' per quanto irrispettosi e fiammeggianti come 'The manchurian candidate', e di cui vedremo in anteprima italiana 'The agronomist', l'elogio di un 'lottatore continuo' per la libertà e l'indipendenza effettiva di Haiti, un colto militante irriducibile che neppure il presidente Aristide, suo ex amico, riuscì più a tollerare. Infine 9. A Russ Meyer, artista felliniano e pop che ci ha lasciato da poco e che ricorderemo con l'ultimo dei suoi capolavori, d'irresistibile comicità mammellare, 'Pandora Peaks'.
Eros, metamorfosi, emigrazione, umorismo… sono le idee-forza, le ossessioni ovidiane che da qualche anno fanno parte del dna di Sulmonacinema e che sono anche la nostra bussola per scegliere i migliori film italiani (opere prime e seconde) dell'anno, il film-sorpresa (che non è un documentario, promesso), il senso grafico avant-garde del nostro poster e il presidente della giuria, che quest'anno è la capofila della 'scuola napoletana' Antonietta De Lillo, una filmaker che non smette di alternare e alienare l'immaginazione più fantasiosa con la documentazione più rigorosa (Fulci, il fronte Polisario…). Già.
Perché tanti film sono a metà tra il documento rigido e la messa in scena fluida di una sostanza conoscitiva sempre più 'forte' e seria? Perché molto è cambiato nel cinema popolare di consumo nell'anno dei mille soldati Usa morti in Iraq e del trionfo impensabile, a Cannes e poi nei box office di tutto il mondo, di un film politico, ma raccontato in prima persona maschile singolare, come 'Fahrenheit 9/11' di Michael Moore. Ovvero di una pista inedita aperta nella giungla, finora infida, del 'cinema impegnato' e di ricerca. Di un lavoro in digitale che sa anche far riflettere, che parla chiaro e non cifrato, che non usa la metafora oscura ma la parodia diretta, la commozione obliqua e che ha come obiettivo dichiarato la caduta di un gruppo dominante considerato poco controllabile, un-american e autoreferenziale. Insomma pericoloso. Il tutto senza mai far propaganda, anzi producendo risate, intelligenti e destabilizzanti, mai di scherno (se non rispondendo a atti di scherno mai dichiarati). E a noi fa molto piacere, avendo reso omaggio l'anno scorso proprio all'inventore di questo nuovo stile comunicativo, a questo 'servizio sociale multimediale' (libri, televisione, cinema, conferenze, internet…) chiamato Michael Moore. Punta di un iceberg di un esercito di documentaristi statunitensi d'azione che da oltre un ventennio fanno i Sam Spade e i Marlowe in un paese a cui è stato tolto forse il partito d'opposizione, anche se non il gusto della democrazia investigativa di base e del diritto di critica. Si scodellano così, in serie infinita, i documentari finora tabù per le 'sale normali' e il mercato. Da 'The fog of war' (uscito anche in dvd con Ciak e Panorama) a 'The Corporation' (come funzionano le multinazionali e perché ci fanno molto male alle tasche e alle teste), da 'Super Seize me' (contro McDonald, perché una cosa è l'hamburger e un'altra è il 'junk food'), a 'Yes men' (ovvero John Landis si camuffa da World Trade Organisation e quasi quasi fa saltare la massima rete rigida della globalizzazione economica e commerciale) e a 'The uncovered' (e cioè: ci fidiamo ormai solo degli ex agenti della Cia, perché raccontano che tutto ciò che ha detto l'amministrazione Bush per convincere il mondo della pericolosità speciale di un dittatore normale, come Saddam Hussein, erano fandonie grossolane). Inoltre grandi anniversari tornano…
I 50 anni del rock. E del 'rock movies', genere teenager dato per morto e invece rinato all'improvviso (il doc sui Ramones, Winterbottom e i Joy Division, la 'School of rock' di Richard Linklater, il successo del filone 'street dance'…) rigenerato da altre metamorfosi, ormai trans-gender, e dall'opposizione delle band a nuove guerre sbagliate come quelle in Corea e Vietnam, dopo la lunga marcia pacifista nella world music e nelle culture 'glocal' (globali ma locali), a cercare di mangiare altre radici, oltre al blues african-american.
I 100 anni dei wobblies (il nomignolo dato ai militanti 'I.w.w.' ovvero 'Industrial workers of the world'), una forma di lotta e organizzazione operaia dell'emigrazione e dei 'senza professione', ideata negli Stati Uniti nel 1904 e antesignana della modernità, moltitudine orizzontale e interrazziale, libertaria e festosa, a rete e mai verticista, critica della forma-partito, delle corporazioni e di ogni leadership staccata dalla base.
I 200 anni della prima rivoluzione contro l'imperialismo, quella vincente (almeno per qualche anno) di Haiti nel 1804, fatta da schiavi e schiave, dai 'proletarizzati' della canna da zucchero che, guidati militarmente e moralmente dal generale nero Toussaint Louverture, distrussero gli eserciti di Napoleone Bonaparte, tennero a bada spagnoli e inglesi, e, in nome degli ideali di 'libertà, fraternità e uguaglianza' tra tutti gli esseri umani sanciti dalla Rivoluzione Francese, cercarono di applicarli davvero, e non solo formalmente, proclamando la prima repubblica libera di ex schiavi (l'Italia sarà indipendente solo oltre 50 anni dopo…).
E anche i 205 della fine della repubblica partenopea anti-assolutista in 'Il resto di nulla' di Antonietta De Lillo, che medita sull'empasse della democrazia in Italia, sul tumore irriducibile di un sanfedismo oscurantista e fanatico ancora all'opera e sull'incomunicabilità divergente di interessi e 'mondo', tra colti e moltitudine, intellettuali e lazzaroni.
Queste ricorrenze 'viventi' e vegete, non formali ma tuttora fertili, che istigano alla lotta e non alla retorica, sono ricordate attraverso film contemporanei e di battaglia come 'The agronomist', 'The Wobblies' e 'The Runaways", simulacri inquieti di luci e ombre, non nostalgia passatista di utopie sgominate; spettri infuriati nel mondo contemporaneo della guerra ingiusta. Almeno per Sulmonacinema, festival piccolo ma unico, indocile all'apologia nell'immaginario dell'esistente.


 


Roberto Silvestri

Direttore Artistico Sulmonacinema film festival

 


Il programma giorno per giorno


Il sito ufficiale del Festival

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