Fice: urge revisione norme cinema d'essai

Qualificate troppe opere senza requisiti

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“Non sappiamo se e quando sarà emanata la tanto auspicata nuova legge per il cinema, ma il primo provvedimento da adottare subito è senz’altro la revisione della disciplina del cinema d’essai: attribuire la qualifica di ‘interesse culturale’ all’ultimo film di Neri Parenti, Natale a Beverly Hills, rappresenta infatti un vero sabotaggio dell’attuale sistema”.  Così Mario Lorini, presidente della Fice, federazione italiana dei cinema d’essai, commenta la decisione presa dalla commissione ministeriale cinema. “Negli ultimi due anni – prosegue Lorini – siamo rimasti spesso sorpresi dalla scelta di attribuire questa qualifica a opere del tutto prive dei requisiti. Ciò a fronte dei consistenti benefici derivanti, anche indirettamente grazie all’attribuzione automatica della qualifica d’essai, ai film definiti di interesse culturale.  La cosiddetta “legge Urbani” del 2004, introducendo il criterio del “reference system” per ovviare alla presunta pioggia di finanziamenti statali ad opere non ispirate a logiche di mercato, ha consentito di privilegiare film commercialmente più ambiziosi e strutturati, ai danni di autori ed opere più sperimentali e dalla minore resa al  botteghino.  Questa tendenza – prosegue Lorini – oltre ad imbarazzare fortemente coloro che lavorano da decenni alla diffusione della cultura cinematografica e della diversità dell’offerta, si risolve in un sabotaggio dei vigenti sistemi di sostegno al cinema d’essai, sempre più omologato al cinema commerciale”. “Se questa è la naturale conseguenza di un sistema che confonde qualità e industria, potenziale commerciale e contenuti culturali, allora appare inevitabile modificare le norme – aggiunge il vicepresidente vicario della Fice, Domenico Dinoia – Le sale d’essai, che storicamente hanno consentito la diffusione di opere d’autore, con forti incentivi alle produzioni nazionali ed europee, rifiutano l’annacquamento dei criteri di ammissione dei film d’essai. Ciò perché tale scelta, oltre a svantaggiare coloro che considerano una missione la circuitazione dei film di qualità, penalizza opere ben più bisognose del sostegno pubblico e di incentivi alla programmazione. Dunque, l’esercizio d’essai, pure a volte accusato di programmare film rivolti a un più ampio pubblico, sottolinea la necessità di separare nettamente ambiti e competenze”. “Se lo Stato – conclude Lorini – ritiene utile considerare di interesse culturale, e pertanto d’essai, anche i film più commerciali, ai quali peraltro nulla si vuole togliere in termini di importante valore per il mercato cinematografico, la Fice  – artefice con la Direzione generale cinema di una modifica in senso più rigoroso dell’attuale normativa di settore – non può che esprimere il più totale dissenso, invitando il ministro dei Beni culturali, i vertici amministrativi e la stessa commissione competente a rivedere da subito i criteri di ammissione delle opere ai benefici di legge, e contestualmente ad attivare tutti i canali per modificare norme così fallaci”. (G.A.)
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