FIDMarseille 2020 – Come il bianco e Gli appunti di Anna Azzori

A proposito delle due opere italiane presentate in questi giorni a Marsiglia, due doc alla ricerca di trasformazioni e metamorfosi firmati da Alessandra Celesia e Constanze Ruhm

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Come il bianco e Gli appunti di Anna Azzori – Uno specchio che viaggia nel tempo, due modi di fare cinema non certamente lontani dal punto di vista stilistico e certamente tra le cose più interessanti presentate ai festival, il primo di 18 minuti in concorso al Fid Marseille 31 e il secondo di 70 minuti nella sezione Forum di Berlino e poi ripresentato anche a Marsiglia.
Come il Bianco di Alessandra Celesia è la storia di una donna che porta con sé un grande dolore, una grave perdita, e gira per vulcani e crateri alla ricerca dei misteri che nascondono. Adriana, la protagonista, li dipinge pure i vulcani, e sembra risentire la voce di chi non c’è più, di rivedere quella stessa immagine. Sono le poesie della pittrice napoletana Adriana Pignatelli Mangoni scritte per la figlia morta. Alessandra Celesia è regista di documentari, attrice e autrice di teatro. Fragilità e umanità sono i temi principali e probabilmente sono proprio questi gli stessi temi che ritrovi idealmente ad unire l’altro lavoro di Constanze Ruhm, autrice d’arte contemporanea, ancora una volta propositrice di un saggio filmato. Ma come protagonista in Gli appunti di Anna Azzori è un’altra pellicola e che pellicola, Anna di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli del 1975. All’inizio degli anni ’70 Anna Azzori era una vagabonda che aveva bisogno di soldi e aiuto, in Piazza Navona a Roma.

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Mentre documentavano la sua vita disfatta, il controllo sul processo rimase saldamente nelle loro mani. A partire da questo materiale, Gli appunti di Anna Azzori costruisce diversi gruppi di idee che a volte sono più, a volte meno correlati tra loro: “Tutto è allo stesso tempo lontano e molto vicino”, sentiamo ad un certo punto. Il leit motiv solleva la questione del posto delle donne e delle loro lotte in un mondo che all’epoca era pieno di discriminazioni e che è ancora oggi. Il film usa rumori di interferenza, voice over elaborati, immagini innevate, personaggi che si trasformano in alberi, rocce o stelle (e viceversa), ninfe dei fiumi e giovani donne durante una chiamata di casting. Presenta anche un sacco di materiale d’archivio, tra cui immagini di manifestazioni femministe in Italia: “Non abbiamo paura”, hanno cantato i manifestanti in quel momento. Non è un film su Anna, ma un film sul rapporto tra finzione e realtà, come d’altronde il lavoro di Alessandria Celesia. Altro punto in comune. Documentari e narrativi, trasformazioni e metamorfosi, dove la cosa più complicata è trovare pace dopo un dolore atroce e trovare anche un cognome a questo dolore…

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