Film e meme: un nuovo modo di vivere il cinema
Il boom di incassi in USA di Un film Minecraft svela come il cinema oggi sia soprattutto un fenomeno virale, dove l’esperienza di gruppo condivisa online conta più del film stesso

Dimenticatevi l’idea del cinema come tempio sacro per cinefili, ad oggi ci si reca in sala anche per ridere, memare e condividere.
Sempre più persone, infatti, amano i film che non si prendono troppo sul serio e ciò porta a una inevitabile riscrittura delle regole del cinema. Lo si fa principalmente per sentirsi parte di un gruppo, non solo fisico, ma anche e soprattutto online e per essere partecipi di una conversazione collettiva. Questo centrale cambio di paradigma porta il pubblico a ripensare da zero il suo rapporto con la sala: lo spettatore non va più al cinema per vedere un film ma per partecipare ad un evento social e per raccontarlo sui suoi feed, in un approccio coerente con il sempre costante tentativo di assecondare quei trend e quegli algoritmi che sono alla base del nostro rapporto con un’infosfera verso cui siamo sempre più esigenti: non basta che il meme sia condivisibile, ma deve anche avere a che fare con noi. E qui entrano in gioco i cosiddetti “meme relatable”: contenuti che parlano di noi, che usiamo per dire ” questo sono io”, “mi sento così”.
Il recente Un film Minecraft, diretto da Jared Hess, è l’adattamento del celebre videogioco, ambientato negli anni ’80. L’opera segue le tracce del protagonista Steve, il quale entra in una miniera per inseguire un sogno d’infanzia, trova oggetti magici, scopre l’Overworld, costruisce e combatte zombie. La trama è semplice, il tono leggero. Il film non si prende sul serio, e forse è proprio questo che lo rende irresistibile ad un certo tipo di pubblico. Anche se il target è infantile, infatti, molti degli spettatori che fino a questo momento hanno contribuito a far raggiungere al film lo straordinario incasso di 165 milioni di dollari nei primissimi giorni di programmazione nelle sale americane sono giovani o adulti, consapevoli degli obiettivi, del linguaggio, delle linee tematiche del film, lontanissimi dai loro gusti convenzionali. Eppure sono proprio loro ad aver riempito le sale, spinti soprattutto dal desiderio di vivere il momento, di assecondare ironicamente l’apparentemente assurdo accostamento tra la loro maturità (dietro cui, tuttavia, spesso si celano affezionati giocatori del videogioco originale o spettatori dei tantissimi streamer che negli anni lo hanno raccontato sui social) ed un film pensato per ragazzi. Si va in sala per divertirsi, non per giudicare il prodotto finito, piuttosto per “memare” sul film stesso o sull’evento, assecondando quella soddisfazione tutta sentimentale di chi cerca nel cinema qualcosa che già conosce. Che sia un videogioco, un remake o un universo narrativo familiare, il cinema oggi risponde anche a questo bisogno di rassicurazione e riconoscibilità.
Il fenomeno che unisce la memestetica al cinema è forse esploso maggiormente con i trend su TikTok e, in particolare, con il racconto che sui social si è fatto del Barbenheimer. Proprio nei giorni in cui Barbie e Oppenheimer erano in sala è nato infatti il virale “two tickets“: due biglietti, due outfit a tema (elegante per il film di Nolan, rigorosamente rosa per quello della Gerwig), un gruppo di amici, spesso maschi, mid30s che con estrema serietà chiedevano al botteghino i biglietti per i due film. L’iniziativa ha generato migliaia di video riuniti sotto al medesimo hashtag ma soprattutto ha contribuito a generare hype e spingendo, soprattutto, anche chi non è cinefilo a partecipare pur di non soccombere alla FOMO.
Il film diventa così un’occasione per sentirsi parte del gruppo. Perché piaccia o meno, ciò che conta è che l’esperienza vada condivisa. Se non la racconti, è come se non fosse mai successa. E questo vale per tutti i tipi di film, anche i più seri. Sia Barbie che Oppenheimer lo sono, ma l’importante è il tipo di trend che nasce attorno. Un tempo i film diventavano meme involontariamente e per anni le nostre Home sono state popolate dallo sguardo ironico e sognante del Willy Wonka di Gene Wilder a Buzz Lightyear che, insieme a Woody, commentava insofferente la sovrabbondanza di un particolare dettaglio social (“x, x ovunque” recitava il meme).
Oggi, invece, il cinema gioca evidentemente d’anticipo e forse punta sulla reaction a tutti i costi fin dall’inizio, se è vero che TikTok è ricchissimo di video in cui il pubblico di giovani reagisce a dettagli, inside joke, meme appositamente inseriti nel film proprio per cercare il loro “engagement”.
@memesoftiktok_ best 5 reaction to the movie minecraft😂💀 #funnycompilation #usa_tiktok #minecraft #minecraftmemes #cinema
E anche gli attori diventano parte di tale sistema. Basti pensare a Ryan Gosling, Robert Pattinson, Michael Cera, Willem Dafoe, Keanu Reeves, Nicolas Cage. Spesso raccontati, memizzati, piegati alle logiche della rete, belli si, ma anche malinconici, strani o fuori posto. E proprio per questo sono relatable. E’ come se in qualche modo i meme li umanizzassero. Alcuni attori ci giocano per ampliare il coinvolgimento mentre altri, come Nicolas Cage, si dichiarano infastiditi e usano il cinema per raccontare il loro disagio (lo stesso Cage, protagonista dello straordinario Dream Scenario ha affermato di essersi trovato in una situazione difficile da gestire).
Ma in entrambi i casi, il meme funziona: ci permette di appropriarci di un’estetica, di un’identità, di un momento collettivo.
E così, memare un film diventa un modo per farlo nostro, per condividerlo, per esistere attraverso di esso.