FILM IN TV: "Briganti" di Otar Iosseliani

Briganti è una ironica e lucida riflessione sui meccanismi circolari della storia dell’umanità. Otar Iosseliani, sarcastico e spietato, dimostra ancora una volta il proprio invadente pessimismo. La sua filmografia, irriverente e naturalmente apolide, nella sua leggerezza nasconde il peso specifico della ricerca

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La razionalità espressiva di Otar Iosseliani, mista al suo proverbiale anarchismo narrativo costituiscono i principali fondamenti dell’opera del misconosciuto autore georgiano. Appartato e poco prolifico, la filmografia dell’ultrasentantenne autore comprende venti titoli con il prossimo (Jardins en automne) in ultimazione. Un cinema, il suo, che sfugge a qualsiasi classificazione, irriverente e naturalmente apolide, per questo universale e immediato. Una straordinaria sintesi, un compendio del mondo contemporaneo attraverso il linguaggio esclusivo del cinema, immagini più che parole, montaggio più che dialogo, per una progressiva rarefazione che conduce alla purezza espressiva e alla singolare necessità, di un cinema libero e disancorato da qualunque giogo ideologico perfino fosse quello puramente artistico.

Briganti (1997) è una ironica e lucida riflessione sui meccanismi circolari della storia dell’umanità. Gli attori, come marionette teatrali o veri protagonisti pirandelliani, si scambiano i ruoli nelle tre epoche storiche durante le quali il film è ambientato: il medioevo, l’epoca staliniana e il presente. In questa triplice dislocazione della storia, ipotetici esempi di una sua possibile espansione, il regista georgiano dimostra la sua sarcastica ipotesi sullo scorrere degli eventi, sul loro ineluttabile avverarsi e sull’impossibilità degli uomini di porre soluzione alcuna. Brigands, chapitre VII, in originale, nella sua essenzialità silenziosa (il film è pochissimo parlato), individua, quale traccia comune della storia, che non solo si ripete, ma si reitera sempre uguale a se stessa, la crudeltà, indissolubilmente legata al sovrapporsi degli eventi che scorrono quasi senza un prima e un dopo, in una contemporaneità che si fa fondamento di questa coazione a ripetere. Ciò che chiamiamo storia. Le vittime, di questo gioco crudele, restano appartate e con un canto pacato dimostrano la propria distanza dalla malvagità. Con l’occhio sarcastico e spietato, ma divertito e sfacciato, Otar Iosseliani dimostra il proprio invadente pessimismo che scorre in una filmografia da riscoprire che nella sua leggerezza nasconde il peso specifico della ricerca che non si ferma solo al piano formale.

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