FILM IN TV – Cabaret, di Bob Fosse

Dall’omonimo successo a Broadway di Fred Ebb e John Kander, un perfetto equilibrio tra commedia brillante e melodramma. Otto Premi Oscar. Stanotte, ore 2.10, Rai Movie

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“Ma perché il mondo non può vivere e lasciar vivere? E poi non sembra proprio un’ebrea”: ammicca Joel Grey accanto alla sua scimmia in un passo a due che è – come l’esistenza stessa del cabaret targato Fosse – uno spazio “ironico” di resistenza e un atto carnale di accusa.

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Siamo nella Berlino degli anni Trenta, con le prime violenze naziste che insanguinano le strade, la propaganda che fa “cantare” le folle (il ragazzino che intona un motivo patriottico) e l’alta borghesia tedesca (Max) pronta a  minimizzare per convenienza e malafede. Al di qua del vetro deformante del ricordo – che apre e chiude matericamente il racconto (e lo spettacolo) come un sipario – si incrociano le vite di Sally Bowles (Liza Minnelli), cantante americana che sogna Hollywood dal palco promiscuo di un night, Brian (Michael York), giovane insegnante inglese che si innamora di lei, Max (Helmut Griem), ambiguo e ricco amico della coppia, e Fritz (il futuro assistente dell’ispettore Derrick, Fritz Wepper), cacciatore di dote costretto a fare i conti con le sue origini ebraiche.

cabaret-bob-fosseErede dichiarata del primo musical marchiato Fred Astaire, l’opera seconda e  pluripremiata del regista e coreografo, Bob Fosse, sceneggiata da Jay Preston Allen dall’omonimo successo a Broadway di Fred Ebb e John Kander (tratto a sua volta da I am a Camera di John van Druten adattamento teatrale di Addio a Berlino di Christopher Isherwood) contiene – in perfetto equilibrio tra commedia brillante e melodramma – tutti i temi e i caratteri della breve ma densa filmografia dell’autore: l’ipocrisia dietro il contrasto libertà/repressione nella Germania del primo nazismo come nell’America puritana di Lenny,  il gusto della battuta irriverente, l’omosessualità, il triangolo sentimentale, l’ambiente della pornografia e dello spogliarello visti come spazi di pace (in opposizione “critica” alla violenza “perbene” che preme dall’esterno), l’identità ebraica contro il pregiudizio antisemita, l’autobiografismo implicito ed esplicito (All That Jazz) di pellicole ambientate nel mondo dello spettacolo. E soprattutto l’amore del corpo e della danza che, mescolando burlesque, jazz e vaudeville, inventa uno stile coreografico innovativo – pose arcuate, vitalismo del ritmo ed erotismo – che, nel passaggio dal teatro al grande schermo, si amplifica dentro un montaggio serrato. Magistrale quello che alterna violentemente una sequenza di balletto, dentro il locale, all’episodio di  pestaggio nazista del proprietario all’esterno di esso. E’ dentro i parossismi di quest’alternanza “tecnica” che la grande “Storia” al di là del vetro si riversa e infrange, a tratti, nelle contraddizioni delle piccole storie individuali (l’avventura a tre e il morto per strada).

cabaret-liza-minnelliSulla soglia straniante di questo sipario di vetro, resta la sentinella conturbante e istrionica di Joel Gray, Oscar come miglior attore non protagonista. Inscindibile la sua performance dal successo di pezzi diventati classici come Willkommen e Money, Money, Money. Indiscutibili anche gli altri Oscar, otto in tutto: Bob Fosse (regia), Geoffrey Unsworth (fotografia), Rolf Zehetbauer, Hans Jurgen Kiebach e Herbert Strabel (scenografia), David Bretherton (montaggio), Robert Knudson e David Hildyard (suono), Ralph Burns (colonna sonora) e Liza Minnelli, come miglior attrice protagonista. A lei è affidata la battuta con cui Fosse sembra firmare qui (e altrove) la sua regia: “io adoro i locali fuori del normale, le relazioni fuori del normale, perchè sono io stessa una persona fuori del normale”. It’s Showtime!

Titolo originale: id.

Regia: Bob Fosse

Interpreti: Liza Minnelli, Joel Grey, Michael York, Helmut Griem, Marisa Berenson

Durata: 123′

Origine: Usa 1972

Genere: musical

Martedì 4 ottobre, ore 2.10, Rai Movie

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