Penultimo film del grande Hawks, uno dei maestri di Hollywood e del cinema classico. Un western senile, dove l'ironia, la saggezza della vecchiaia, la nostalgia corrodono dall'interno l'integrità del mito e dell'epopea. Venerdì 31/03, su Rete 4, ore 16
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Probabilmente nessun altro regista ha avuto la stessa capacità di Howard Hawks di spaziare da un genere all'altro, mantenendo lo stesso rigore formale, la stessa asciuttezza e complessità di sguardo. Certo: i grandi vi riuscivano in qualche modo. Epperò Hawks si è davvero cimentato con tutto e raramente ha sbagliato. Quando nel 1967, a 71 anni, porta sugli schermi quello che sarà il suo penultimo film, El Dorado, è davvero uno dei capisaldi assoluti del cinema holywoodiano, uno dei grandi vecchi che hanno contribuito alla definizione di uno stile classico (invisibile, direbbe Bazin) e alla fondazione del mito. E si sa, il mito americano per eccellenza s'incarna nell'epopea western. John Ford resta il più grande cantore dell'epopea, ma Hawks, con i suoi Il fiume rosso e Un dollaro d'onore, contribuisce in maniera determinante a definire temi e personaggi "tipici": l'amicizia virile, l'orgoglio e il senso dell'onore, sentimenti "naturali" di giustizia, saggezza e solidarietà, che si sovrappongono allo sbando di un periodo sostanzialmente anarchico…Ma i tempi stanno cambiando, il cinema sta cambiando. La contestazione è ormai nell'aria ed aumenta l'insofferenza per le regole codificate e per i canoni del genere. Peckinpah ha compiuto i primi assalti al mito con Sfida nell'Alta Sierra e Sierra Charriba e Leone, in Itali,a sta mettendo a punto la sua falsificazione rivoluzionaria. Hawks capisce che il vento sta cambiando, riprende con El Dorado la storia e la struttura del suo Un dollaro d'onore e vi infonde la saggezza disincantata dei suoi settant'anni. Il vecchio pistolero Cole Torton (John Wayne) e lo sceriffo alcolizzato Harrah (Robert Mitchum) sono i superstiti acciaccati di un mondo ormai al tramonto. Nel loro animo non ci sono ancora quei dubbi che assilleranno Pat Garrett né il cinismo nichilista dei banditi del Mucchio. I loro valori sono ancora saldi. Credono ancora in un'America fondata sulla libertà, sulla giustizia, la solidarietà, un'America costruita da uomini fieri, coraggiosi e onorevoli, un'America virile e leale. Epperò non sono più quelli di un tempo, non sono più gli eroi granitici, tetragoni: se il loro cuore non vacilla, il fisico è ormai stanco e cadente, i colpi di pistola e i colpi al cuore fanno più male. John Wayne con le stampelle è l'emblema, l'icona di un mito che non può più a camminare da solo, di un tempo che ormai, irrimediabilmente, va declinato al passato. Howard Hawks mantiene la limpida essenzialità del suo stile e della sua messa in scena, usa ancora intelligentemente i topoi del genere, il giovane ingenuo e baldanzoso (James Caan/Missisipi), il vecchio allegro e un po' matto (Arthur Hunnicutt/Bull), ma tratta i suoi eroi con ironia e nostalgia. Costruisce un esemplare western senile, che corrode il genere dal suo interno con i segni di una stanchezza e di una progressiva dissoluzione. E' come se il Padre lasciasse ai figli la pesante eredità di un intero mondo e di un regno ormai ingovernabile. I figli non potranno fare altro che spartire ciò che resta. E' il 1967. Un anno dopo (non a caso il '68) The Wild Bunch farà a pezzi ogni illusione, scatenerà l'inferno della violenza e della sopraffazione nell'El Dorado, nel Paradiso perduto. Dopo non ci sarà spazio che per l'elegia e il crepuscolo. C'era una volta il West, I fell like I'm knockin' on Heaven's Door. Gli eroi possono ancora bussare alla porta del Paradiso. Almeno finché Cimino non celebrerà l'ultimo funerale. Dopo James Averill e Nathan Champion, i Cancelli del cielo resteranno chiusi per sempre.
EL DORADO (Id.) di Howard Hawks
con John Wayne, Robert Mitchum, James Caan, Arthur Hunnicutt, Charlene Holt, Edward Asner, Christopher George
USA 1967, 127'
Venerdì 31 marzo, Rete4, ore 16
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