FILM IN TV – Il cavaliere pallido, di Clint Eastwood

Remake non dichiarato di Il cavaliere della valle solitaria, è il film della definitiva consacrazione di Eastwood come regista e tappa di avvicinamento a Gli spietati. Domani, ore 23.00, Iris

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: ”Vieni”. Ed ecco, mi apparve un cavallo pallido. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l’Inferno. Fu dato loro il potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra…”. Apocalisse di Giovanni

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

 

Inquadrare il cinema di Clint Eastwood è una operazione piuttosto complessa: ultimo dei classici, post-classico, neoclassico? In realtà proprio Il cavaliere pallido è uno di quei film multidimensionali che lasciano intravedere una predominanza della regia, una precisa linea autoriale atta a riscrivere struttura e forma di un genere che proprio agli inizi degli anni ’80 era entrato in crisi con il clamoroso flop de I cancelli del cielo (1980) di Michael Cimino. Ripensare il genere significa risalire all’indietro, oltre Anthony Mann, Howard Hawks, John Ford, fino ad arrivare alla pietra miliare di David W. Griffith omaggiato nel montaggio alternato della sequenza iniziale.

Il film gioca immediatamente a carte scoperte rivelando la propria matrice classica: è infatti il remake ‘non dichiarato’ de Il cavaliere della valle solitaria (1953) di George Stevens. Nella seconda meta dell’Ottocento, un misterioso predicatore (Clint Eastwood) presta soccorso a una comunità di cercatori d’oro vessata dal potente di turno che cerca con minacce e sabotaggi di farli sloggiare dalla zona.

il-cavaliere-pallidoAll’apparenza non sembra un soggetto originalissimo, ma come in tutti i film di statura superiore alla media non è importante cosa si dice, ma come lo si dice: Eastwood sceglie di mettersi da parte come personaggio evitando l’identificazione con lo spettatore; più che soggetto con un determinato punto di vista è invece un continuo oggetto di sguardo: ammirazione da parte di Hull, paura/rabbia da parte dello sceriffo Stockburn e del boss LaHood, libido da parte delle due donne, Sarah e la figlia 15enne Megan. Questa convergenza di sguardi rende la figura del predicatore una presenza fantasmatica, una proiezione di un desiderio che tende a materializzarsi proprio quando più intenso è il sentimento che lo muove. Dopo l’ultima scorribanda dei banditi di LaHood che si è conclusa con la morte di un innocente cagnolino, la giovanissima Megan recita il salmo 23 (“Il Signore è il mio pastore…” ) inframezzandolo con l’ invocazione di una giustizia divina sulle vicende terrene.

pale-riderIl western si colora subito di una sfumatura biblica che confonde il bene e il male, il peccato e il peccatore, frammentando i confini della morale. Il post-classicismo di Eastwood risiede proprio in questa operazione di aggiornamento di un archetipo classico (il western di frontiera) sulla base della propria visione del mondo, portando la grammatica filmica in direzione contraria al modello, in modo da passare dalla “situazione” alla “azione”, scoprendo poco e precisando ancora meno. Il predicatore dal bianco collarino è l’angelo della vendetta ma contemporaneamente assume la facies diabolica della seduzione sessuale, porta sulla propria pelle le cicatrici di un precedente duello ed è tornato dal mondo dei morti come “colui che nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre” (Ezechiele). Il predicatore senza nome sembra essere al tavolo di un ristorante ma il momento dopo è scomparso, si volatilizza come immagine cinematografica (un cappello a cilindro) e porta in sé la materia del sogno e del desiderio. Basti pensare ai versi dell’Apocalisse che ne accompagnano l’entrata nella fattoria di Hull con il suo cavallo bianco, sotto lo sguardo concupiscente femminile; o ancora all’incontro platonico nel bosco con la piccola Megan e a quello più carnale nella propria abitazione con la matura Sarah: le sue parole assumono una valenza profetica insieme alle lunghe ombre che ne nascondono gli occhi, rafforzando la sensazione di trovarsi di fronte uno spettro (“Ma chi sei tu veramente?”).

Western veterotestamentario di poche sparatorie (quasi tutte concentrate nel finale) e di molte preghiere, Il cavaliere pallido è il film della definitiva consacrazione di Eastwood come regista e tappa di avvicinamento al capolavoro Gli spietati, dove il discorso socio-politico e la dialettica anti-retorica si fanno più consapevoli. Il predicatore dagli occhi di ghiaccio digerisce sessanta anni di cinema western e li ripropone in una veste rinnovata, ampliando confini e territori della narrazione. Così non ci sono solo eroi/fantasmi che si dissolvono tra le nuvole delle montagne dell’Idaho ma anche uomini che hanno bisogno di angeli/demoni per combattere la propria battaglia di sopravvivenza, anche perché il paradiso dei cercatori d’oro della frontiera si è trasformato nell’inferno dei viventi.

Titolo originale: Pale Rider

Regia: Clint Eastwood

Interpreti: Clint Eastwood, Michael Moriarty, Carrie Snodgress, Sydney Penny, Chris Penn

Durata: 128′

Origine: Usa 1985

Genere: Western

Martedì 27 settembre, ore 23.00, Iris

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array