Il fiore del mio segreto, di Pedro Almodóvar

Il cineasta spagnolo racconta una storia di ordinaria emotività, giocata sul conflitto tra arte e vita. Uno dei suoi film migliori.

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Lontano dal cinico umorismo di Donne sull’orlo di una crisi di nervi, dalla perversione grottesca di Légami! e Kika, e dalla drammaticità tutta familiare di Tacchi a spillo, Il fiore del mio segreto rappresenta un punto di rottura nella filmografia del regista spagnolo, che sceglie di raccontare una storia di ordinaria emotività, priva degli eccessi e delle provocazioni a cui ci aveva abituato. E lo fa attraverso la vicenda di una scrittrice di best-seller rosa, Leo Macías (Marisa Paredes), in piena crisi professionale e sentimentale. Stanca della vena romantica dei suoi romanzi, che firma con lo pseudonimo di Amanda Gris, e tormentata dall’assenza del giovane marito Paco, ufficiale in missione all’estero, la donna vive una profonda fase di solitudine che la porterà a rivalutare sé stessa fino a una lenta e dolorosa accettazione della propria condizione.

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Imprevedibile ed estremamente stratificato nella componente umana, il film di Almodóvar procede seguendo un’armonia frammentata, fatta di intervalli intensi e movimenti concitati, che riproduce le innumerevoli sfaccettature della protagonista. La macchina da presa la inquadra spesso riflessa in uno specchio o dietro a un vetro: la sua immagine appare distorta, spezzata, moltiplicata, a sottolineare una personalità complessa e piena di contraddizioni. Prigioniera di una scrittura commerciale così come di un amore consolatorio – simboleggiati dagli stivaletti stretti che non riesce a togliersi – Leo indossa tante maschere quante sono le menzogne che è disposta a tollerare pur di non guardare in faccia la realtà: il tradimento del marito, l’inganno dell’amica, il ricatto degli editori. Soffocata dal peso degli eventi, assume un’altra identità per liberarsi della vecchia, tenta il suicidio, torna nel paese natio insieme alla madre. Il regista innesta nel tessuto narrativo molti temi che svilupperà nelle opere successive (il binomio arte-vita, la morte, la riscoperta delle proprie radici). Qui, però, sono soltanto accennati, e anche i colori – sempre dinamici, esasperati, a volte eccessivi – si riducono alle tinte accese del rosso e del blu, che esprimono la tensione psicologica della protagonista.
Con Il fiore del mio segreto Almodóvar rinuncia al virtuosismo degli intrecci preferendo uno sviluppo più classico e lineare, che

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lascia spazio all’interazione tra i personaggi colti nella loro quotidianità. Tuttavia non manca di sorprendere lo spettatore con momenti di assoluta astrazione, che rivelano il carattere autoreferenziale del suo cinema. Nella sequenza iniziale una madre è preoccupata per il figlio che è in coma irreversibile in ospedale; i medici le comunicano che non c’è più nulla da fare e la convincono a staccare la spina. Presto scopriamo che si tratta di un video informativo per promuovere la donazione degli organi (la stessa situazione verrà riproposta in Tutto su mia madre). In quest’episodio è custodito il “segreto” del film: il rapporto tra Leo e Paco è ormai finito – morto – ma la donna crede ancora che possa rifiorire, rifiutando la triste verità. Il film lavora quindi su diversi livelli per mettere insieme il ritratto di una persona sola, vittima della passione, che in un finale dal sapore cukoriano brinderà alla promessa di un nuovo inizio.

 

Titolo originale: La flor de mi secreto
Regia: Pedro Almodóvar
Interpreti: Marisa Paredes, Juan Echanove, Carme Elias, Chus Lampreave, Joaquin Cortés, Rossy De Palma, Kiti Mánver
Durata: 103′
Origine: Spagna, 1995
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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